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Kali Yuga
Kali Yuga
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Kali Yuga

Kali Yuga
Federico Pierlorenzi

”Vivere.

Non so come si fa.

Non so se voglio farlo.”

Kali Yuga è l'era oscura nella vita di ogni individuo. Ed è in questo periodo di profonda crisi in cui l' IO e il NOI si confrontano, si cobattono e si confondono che avviene la scelta: CHI voglio essere io?

L'analisi delle emozioni si trasforma in espressione linguistica che accompagna il lettore attraverso l'ansia e l'angoscia, fino alla soluzione che porta alla rinuncia e scioglie la realtà.

4 capitoli importanti della vita di Pablo.

4 capitoli che gli sono stati impressi a fuoco nell'anima.

Ma ognuno di questi capitoli ha un protagonista differente da Pablo. Ed egli non può che essere semplice spettatore impotente.

O forse no.

Ognuno ha la prorpia responsabilità in ciò che gli accade. Ma per accettarla deve prima fare i conti con se stesso e con gli altri, ed accettare di lasciare agli altri la propria responsabilità e di prendersi per sé soltanto la propria.

Federico Pierlorenzi

Kali Yuga

Publisher: Tektime

Metakar

La stanza è bianca. Al centro un tavolo bianco con quattro sedie di identico colore. Blue se ne sta dondolando su una di esse. Fischietta una canzone di cui non ricorda né titolo né autore. Non sa che fare e non si ricorda più da quanto tempo è lì o il perché. Non ha fame, non ha sete, né tanto meno sonno. Ma sbadiglia e in realtà gli mancano proprio pane, acqua e riposo. Intorno a sé tutto è bianco, la stanza sembra essere quattro metri per quattro o forse di più. Aveva anche pensato di contare i passi lungo le pareti, ma poi, chi te lo fa fare?

Si apre la porta bianca e una figura fa capolino. Nonostante il pallore del suo volto Blue lo riconosce e il suo cuore si riempie di gioia.

«Es, come stai?».

La voce rimbomba lieve, ma il messaggio arriva a destinazione. Es con un balzo raggiunge l’amico.

«Blue, ti vedo un po’ bianchiccio, come ti butta?».

Blue scatta in piedi dalla sedia e si avventa sul nuovo arrivato per abbracciarlo. Poi guarda in direzione della porta con la fronte corrugata e le sopracciglia aggrottate. Si volta verso l’amico che non ha una bella cera, ma intuisce dal suo sguardo che anche per lui vale la stessa cosa. «Che novità mi porti? Sai, qui è tutto così noioso. Raccontami, su raccontami!».

In pochi minuti apprende dall’attore di cabaret le novità intercorse negli ultimi anni, con commenti sentiti e a volte coloriti. Dopo poco si ritrovano seduti uno di fianco all’altro.

Blue ha ripreso a dondolare, ma non fischietta più.

Es sta seduto sul bordo della sedia con le mani incrociate tra la nuca e lo schienale, la caviglia destra è appoggiata all’altro ginocchio, e ogni tanto la scrolla distratto.

Il tempo scorre lento.

Si apre la porta.

Questa volta Blue è quasi convinto che non è la stessa dalla quale è entrato Es. O forse sì. Poi, cosa importa? Dopo tutto si è alzato e si sono riseduti in due. E poi il tavolo è quadrato. Quindi…

«Blue!».

Es è in piedi da un pezzo e sta accogliendo Biaco «Buon giorno sognatore!».

L’ultimo arrivato è abbronzantissimo, gli ricorda quella volta che si era presentato a scuola dandola a bere a tutti, tranne che ai soliti tre, che si era fatto la settimana bianca ad Aspen. Mentre, in realtà, s’era comprato uno di quei lettini con le lampade ai raggi UV.

«Il lettino solare funziona ancora, eh?». Prorompe Es «...è ora che ci facciamo un giretto anche io e Blue!».

«Blue non ha mai voluto provarlo, neanche con la forza, vi ricordate?».

Biaco si gira verso Blue «Allora pelandrone vieni a salutarmi o ti pesa il culo?».

Blue si accorge di essere ancora seduto. Si alza, si avvicina all’amico, e lo abbraccia «Si parlava con Es di quanto sei sempre stato duro di testa, un po’ in tutto!».

«Lo so, lo so,». Risponde l’ultimo arrivato ammiccando «ma d’altra parte non si può essere tutti geniali come Es!».

«Che fai, sfotti?».

Si risiedono al tavolo e Biaco rimane in piedi davanti allo spigolo opposto agli amici, tra le due sedie vuote.

Blue lo distrae per un attimo «Vi ricordate quando Es spariva durante le ore di latino per giocare a carte con i bidelli?».

«Sì, e avevo comunque il voto più alto di tutta la classe!».

«Quanto ti invidiavo!».

Il nulla cala di nuovo dalle parole dell’uomo in piedi.

Tutti e tre ammutoliscono.

Blue ricomincia a dondolare catatonico sulla sedia.

Es fissa il soffitto senza profondità.

Biaco è in piedi di fronte alla scelta tra stare di fronte a Blue o ad Es. Certamente Blue è più tempo che non lo vedo, ma Es è sempre Es. E se poi si finisse per giocare a carte? Es vince sempre, certo però Blue in vena buona è in grado di imbastire giochi solidi e taglienti come le sue parole…

«Carte?». Es interrompe il silenzio «Dai siediti, che si gioca a carte». Poi rivolto al primo arrivato «Dove le tieni?».

«Ah, io non ce l’ho!».

La voce roca di Biaco risolve il problema «Le hai tu in tasca». Guardando nella direzione di Es.

«E tu come fai a saperlo?». Tastandosi le tasche.

«Le ho messe lì io il giorno che…» Biaco abbassa lo sguardo e serra la mandibola.