La vedova di Gionata Paolo aveva conosciuto il maestro nazareno nella prossima Betania in casa delle amiche Marta e Maria e del loro fratello Lazzaro, e affascinata dal carisma dellâuomo ne era divenuta spiritualmente seguace. Per simpatia, gli aveva concesso il proprio cenacolo perché potesse celebrare coi suoi la cena pasquale nella città , al riparo da occhi nemici; la sua vita era infatti minacciata dai membri del consiglio supremo giudaico di Gerusalemme, il sinedrio, in cui sedevano sacerdoti, scribi e certi anziani della comunità , ricchi potenti che tramavano per arrestarlo al più presto e consegnarlo al tribunale romano con unâaccusa passibile di morte, poiché li aveva pubblicamente criticati e ingiuriati sulla piazza antistante il tempio. Per quei potenti non si trattava solo di vendetta, essi lo temevano perché in suoi insegnamenti erano una minaccia continua per loro; egli insegnava infatti, senza mezze parole, che in ogni tempo i capi delle collettività non devono esigere dâesser lodati e serviti ma, al contrario, devono essere a disposizione del popolo; e affermava che lâEterno aveva stabilito che purità e impurità dâun essere umano non stanno nellâadempiere o no i precetti formali della Legge, non nel commissionare per adorazione sacrifici dâanimali7 (#litres_trial_promo) e offerte di primizie e nello svolgere i rituali inventati da sacerdoti e dottori della Legge per averne prestigio e guadagno, ma nelle scelte dâamore o di odio per il prossimo. Se questi insegnamenti avevano allarmato assai i capi dâIsraele, avevano all'inverso entusiasmato molti come la Maria la vedova.
Il giovane Marco non era fra i seguaci del rabbì, ma essendo ufficialmente il padrone di casa e religiosamente maggiorenne da un biennio,8 (#litres_trial_promo) avrebbe avuto il diritto di stendersi al posto dâonore sulle stuoie della mensa pasquale assieme agli invitati. Se nâera tuttavia astenuto perché, seguendo gli usi farisaici paterni, egli con la madre e i servi avrebbe festeggiato la Pasqua la sera seguente, e difatti un altro agnello era stato immolato per loro nel tempio. Dunque i tredici erano stati lasciati soli nel cenacolo, completamente liberi di celebrare la festa fra di loro.
Inaspettatamente, a un certo punto della serata uno del gruppo, quel Giuda che aveva provveduto allâagnello, era sceso spedito al pian terreno con una brutta smorfia sul volto, le guance porporine, e aveva infilato la porta di casa senza nemmeno salutare Marco, châera nellâatrio. Il giovane sâera chiesto se quellâuomo avesse ricevuto un improvviso, urgente incarico dal maestro, al suo carattere piaceva infatti moltissimo indagare su fatti in ombra; ovviamente avrebbe voluto, prima di tutto, scoprire e far arrestare gli assassini del padre, ma ormai lo riteneva irrealistico: mancava qualche anno ancora allo straordinario sogno che lâavrebbe spinto a investigare. Non vedendo più tornare Giuda, la curiosità del ragazzo sâera accresciuta. Quando il gruppo del nazareno aveva lasciato la casa dietro al maestro per recarsi a dormire, su concessione di Maria, nel capanno dellâuliveto detto Getzemani che Marco aveva ereditato, il giovanissimo proprietario aveva detto alla madre che avrebbe accompagnato i dodici, sarebbe rimasto anchâegli per la notte e avrebbe fatto rientro alle prime luci: sâaugurava in cuor suo che, cammino facendo, avrebbe conosciuto le ragioni dellâuscita imprevista dellâIscariota e del mancato suo ritorno.
Maria restava assai protettiva verso il figlio, come di norma le madri ebree, almeno in quei tempi; allarmata, aveva esclamato con tono acceso, pur sapendo che le sue parole non sarebbero servite affatto contro la testardaggine del ragazzo: ââ¦ma cosa vai a fare là di notte?! à mai possibile che tu debba sempre farmi preoccupare? Perché non ascolti per una volta la tua mamma?!â.
Maria aveva solo quindici anni più del figlio ed era ancora una bella donna, piccolina ma dai tratti fini e un corpo florido che molto piaceva in quei tempi, e terminato il periodo del lutto aveva ricevuto proposte di matrimonio da diversi vedovi, anche perché avrebbe ereditato beni alla morte dei propri genitori: proposte tutte rifiutate in quanto la donna aveva deciso di dedicarsi interamente a Marco.
Con viso mesto, senzâaggiungere altre parole la madre aveva ordinato ai servi di preparare lâoccorrente, tre lanterne per illuminare la via e tredici teli di lino dove avvolgersi durante il sonno. Quattro dei discepoli sâerano caricati le lenzuola, tre avevano avuto ciascuno una lampada accesa e il gruppo sâera avviato dietro al maestro, con in coda Marco châera uscito ignorando la madre: Maria sâera piantata appena fuori dalla porta e aveva seguito muta il suo passaggio, cogli occhi umidi, accompagnandolo poi con lo sguardo finché il gruppo non era sparito alla vista.
Il rabbì nazareno era silenzioso, assorto in qualche grave pensiero. I suoi, per non infastidirlo, parlavano a bassa voce e a Marco parevano inquieti: forse temevano un arresto? Eppure, ragionava il giovane, era impossibile che quegli uomini venissero rintracciati nellâuliveto, fuori città e al buio, e certo si sarebbero messi in salvo se, ancor prima dellâalba, avessero lasciato la zona e fossero tornati nella loro Galilea; tanto ormai, soggiungeva a sé stesso, avendo soddisfatto lâimpegno dei festeggiamenti pasquali a Gerusalemme, non avevano più motivo di restare.
Marco non aveva resistito per molto e aveva domandato allâappena più anziano di lui Giovanni Bar Zebedeo, châera in coda al gruppo al suo fianco e, unico, pareva del tutto tranquillo: âPerché il tuo condiscepolo ha abbandonato quasi di corsa la cena e non è più tornato?â.
âAveva avuto un improvviso incarico dal maestroâ, aveva risposto lâaltro confermando la sua ipotesi, âma quale non saprei perché gli aveva parlato a bassa voce. So che, in tono più alto, lâaveva infine esortato dicendogli: âQuello che devi fare, fallo presto!â. Avevo presunto lâavesse inviato a cercare altre provviste, ma visto che Giuda non è più tornato, ora non saprei che pensare, né oso chiederlo al rabbìâ.
Era intervenuto Giacomo Bar Alfeo, parente del maestro, che procedeva sùbito innanzi ai due e voltando la testa aveva sussurrato al condiscepolo: âIo non sono affatto tranquillo dopo che, a cena, il rabbì ci ha annunciato che uno di noi lo tradirà e lui sarà arrestato, mentre noi fuggiremoâ.
âIl traditore non potrebbe essere Giuda?â sâera frapposto Marco.
âMahâ, aveva considerato Bar Alfeo, sempre sottovoce, âil maestro gli avrebbe dato un incarico di fiducia se avesse sospettato di lui?! e poi, solo dopo che Giuda era uscito ci ha detto che lâavremmo abbandonato, perciò penso che il rinnegato sia tra noi undici, anche se certamente non sono ioâ.
ââ¦e nemmeno io! e non lâabbandonerò mai!â sâera risentito Giovanni, come se lâaltro avesse sospettato proprio di lui; e aveva proseguito: âHai trascurato dâaggiungere che il maestro ha pur detto che uno di noi invece non fuggirà e sarà con lui fino alla morte; e io sento dâessere quel discepoloâ: la sua voce appassionata aveva attratto lâattenzione di tutto il gruppo compreso il rabbì, il quale sâera fermato e voltato. A questo punto era stato tutto un vociare rivolto al maestro, per primo un certo Simon Pietro che aveva esclamato: âIo non ti lascerò mai, mai, mai!â; suo fratello Andrea, per non essere da meno aveva espresso con foga: ââ¦e figuriamoci un poâ se me ne andrò io, rabbonì!â, parola che significa maestro mio ed esprime la massima devozione possibile verso il proprio rabbì; da Giacomo Bar Alfeo era giunto un urlo, o quasi: âNon dare retta a Giovanni! Sono io quello che non tâabbandonerà â; un tale di nome Taddeo aveva espresso: ââ¦e chi potrebbe lasciarlo, un maestro come te?!â; insomma, uno per uno tutti avevano promesso assoluta fedeltà ; quindi, per buon peso, nemmeno si fossero messi dâaccordo prima, avevano pronunciato allâunisono: âNessuno di noi tâabbandonerà mai, o rabbonì!â.
âPietro, tu che hai promesso per primo sappi che, avanti che il gallo canti due volte, tu mâavrai tradito tre volteâ, aveva profetizzato il maestro, âe come avevo annunciato, tutti voi tra poco scapperete, a parte uno: e dico adesso châegli è il giovane Giovanniâ. Quindi, impartito lâordine di non parlare più, il maestro sâera di nuovo immerso nei propri pensieri.
Giunti al podere Getzemani, Marco e otto degli undici erano entrati nellâampio capanno degli attrezzi e sâerano stesi sul pavimento, nelle aree libere da utensili, per prendere sonno; invece i discepoli Simone Bar Giona detto Pietro e i fratelli Giovanni e Giacomo Bar Zebedeo, obbedendo a un ordine del maestro, avevano cercato, ma sarebbe stato un vano tentativo, di restare svegli in preghiera con lui, tra gli ulivi.
Appena un paio dâore dopo, era il momento più buio della notte, sâera finalmente capito che, proprio come Marco aveva sospettato, il traditore annunciato era Giuda. Ecco che lâIscariota era apparso alla testa di guardie del sinedrio che impugnavano spade e bastoni e aveva identificato il rabbì, châera stato arrestato. Sapendo dellâintenzione del maestro di salire allâuliveto per la notte, il cattivo discepolo ne doveva aver informato i capi dâIsraele che avevano capito di poter arrestare segretamente lâodiato e pericoloso nazareno approfittando dellâoscurità e dellâisolamento della zona, senza correre il rischio dâuna sollevazione della piazza che simpatizzava per lui. In realtà il giorno dopo la stessa, soggetta come sempre alle ultime, superficiali suggestioni, istigata da agenti del sommo sacerdote Caifa avrebbe chiesto a Pilato che lâarrestato fosse tolto di mezzo9 (#litres_trial_promo).
A Giuda, come si sarebbe saputo in Gerusalemme, erano venute in compenso trenta monete dâargento, il prezzo dâuno schiavo robusto o dâun piccolo campo. Lâesortazione che il maestro gli aveva lanciato, âQuello che devi fare, fallo prestoâ, poteva aver adesso un significato, poteva trattarsi, come avrebbe riflettuto Marco, del desiderio del nazareno di non restare troppo a lungo preda dellâansietà : il rabbì doveva aver realizzato di non avere più scampo, che ormai, essendo troppo inviso ai capi dâIsraele per glâinnumerevoli attacchi loro rivolti, ovunque fosse andato sarebbe stato trovato e, dunque, che fosse inevitabile il suo martirio; conosciuta lâintenzione di Giuda di denunciarlo, doveva averla accolta come una liberazione dallâangustiante attesa e per questo, informato il discepolo che sapeva tutto, doveva averlo esortato a non indugiare.
Al trambusto châera seguito allâarrivo delle guardie, i nove che riposavano nel capanno sâerano svegliati ed erano corsi a vedere. Marco, che per essere più comodo dormiva senzâabiti avvolto nel telo, in tale stato era uscito allâaperto. Un soldato, temendo châegli nascondesse unâarma sotto il lenzuolo, glielâaveva tolto violentemente e il giovane, rimasto nudo, era fuggito precipitosamente nel buio. Sâera fermato più in là a riprendere fiato, accosciato dietro a un ulivo plurisecolare, battendo i denti per il freddo della notte e maledicendo la sua abitudine di dormire nudo. Aveva udito passi in fuga di molti uomini: in seguito avrebbe saputo trattarsi dei discepoli dellâarrestato che, avendogli promesso di non abbandonarlo mai, stavano scappando a precipizio. Molto tempo dopo, quandâera stato proprio sicuro che le guardie avevano abbandonato il luogo dellâarresto e il Getzemani era rimasto deserto, il giovane era tornato al capanno per riprendersi gli abiti. Rivestitosi, sâera diretto cautamente a casa. Giuntovi, aveva raccontato gli ultimi eventi alla madre che, non appena realizzato il pericolo che Marco aveva corso, lâaveva sgridato severissima: âHai visto cosa succede a disubbidire alla mamma?! Diventa un figlio buono! Perché mai sei così cattivo con me?â. Solo dopo lo sfogo sâera preoccupata del maestro arrestato.
Genitrice e figlio avevano saputo il resto degli avvenimenti dai discepoli del rabbì Pietro e Giovanni: tutti gli undici, come lo stesso Marco, erano sfuggiti nellâoscurità allâarresto, ma nove erano sùbito tornati alla spicciolata nel cenacolo mentre i primi due avevano seguito di nascosto gli avvenimenti fin allâalba; quindi Pietro sâera rifugiato anchâegli a casa di Maria e Marco e aveva riferito loro quantâaveva vissuto, mentre Giovanni aveva ancor assistito alla morte del nazareno in croce prima di rientrare e narrare lâultimo atto della tragedia. In breve: nella notte il rabbì era stato condannato ufficiosamente da quei membri del sinedrio che il sommo sacerdote era riuscito a riunire col buio nel proprio palazzo, quindi alle prime luci era stato condotto in vincoli al procuratore Ponzio Pilato per ottenerne lâufficiale sentenza di morte quale sedizioso, condanna capitale che, in base agli accordi con Roma, il sinedrio non poteva più comminare sia che fosse riunito informalmente e senza tutti i membri, come quella volta, sia che lo fosse ufficialmente e in seduta plenaria; Pilato, per chetare la folla aizzata dai sacerdoti, aveva fatto flagellare il prigioniero orribilmente e poi lâaveva condannato alla morte in croce sul luogo delle esecuzioni, la collinetta di poco fuori le mura detta Calvario.
Allâalba del terzo giorno dopo la morte del maestro nazareno, alcune sue seguaci che avevano partecipato alla sepoltura e conoscevano lâubicazione del suo sepolcro vi sâerano recate per rendere gli onori funebri alla salma ungendola, non essendo stato possibile quandâera stata calata dalla croce, verso il tramonto del sole del venerdì e perciò poco prima del sabato, giorno per gli ebrei del sacro riposo. Del tutto inaspettatamente, le brave donne avevano trovato la tomba aperta e, come avrebbero testimoniato, ma senzâessere credute, avevano visto un giovane uomo vestito di bianco, seduto sulla pietra sepolcrale, il quale sâera rivolto loro affermando che il crocifisso era risorto, e chiedendo di riferire agli undici lâordine del maestro di recarsi in Galilea dovâessi lâavrebbero rivisto. Erano rimaste esterrefatte e invece dâobbedire avevano vagato senza meta per Gerusalemme; finalmente una di esse, una certa Maria originaria di Magdala, nel passare davanti alla casa di Maria la vedova, sua amica, sâera risolta a entrare e a riportarle lâaccaduto. La madre di Marco lâaveva introdotta presso gli undici, ai quali finalmente la donna magdalena aveva riferito gli ultimi straordinari fatti. Tutti, a parte il giovane discepolo Giovanni, erano rimasti increduli e sâerano detti lâun lâaltro allâincirca così: Come si potrebbe dar fiducia alle donne?! Nemmeno hanno diritto di testimoniare in giudizio persino sulle più banali cose, figurarsi se sarebbe possibile prestar fede a tale notizia. Un messaggero del Cielo?! Isteria femminile. Anche Marco era restato scettico, pur imprimendosi in mente le parole della donna. Giovanni invece aveva voluto andare al sepolcro e Pietro, mosso da curiosità , fattosi coraggio lâaveva seguito. Erano stati guidati da Maria di Magdala perché, non avendo partecipato alla sepoltura, non conoscevano la tomba. Lâavevano trovata veramente aperta e vuota, se non per i lini sepolcrali.
âUn furto del cadavere da parte del sinedrio?â aveva proposto Pietro a Giovanni.
Dopo averci riflettuto, avevano concluso che i capi dâIsraele non avrebbero avuto alcun vantaggio dalla scomparsa del corpo, anzi al contrario essi non avrebbero voluto di certo accreditare voci di prodigi. I due avevano inoltre ragionato che sarebbe stato assai più comodo per i ladri, e del tutto naturale, portare via il corpo avvolto nel lenzuolo, non svolgerlo prima di trasportarlo; e per di più, avevano notato che il funebre tessuto di lino in cui era stato avvolto il cadavere giaceva non in disordine ma semplicemente afflosciato, come se la salma fosse svanita al suo interno. Avevano concluso che, a meno che terzi ignoti avessero organizzato una messa in scena per misteriosi motivi, il crocifisso doveva essere davvero risorto.
âCâè ancora oscurità sufficiente per non crederlo, caro Giovanni, ma câè chiarore bastante per crederloâ, aveva detto Pietro, più a sé stesso però che al suo compagno.
Il giorno dopo gli undici erano partiti per la Galilea, non solo nella possibilità che il loro maestro vi apparisse davvero, ma per togliersi finalmente dai pericoli.
Quanto a Giuda Iscariota, era corsa voce in Gerusalemme che si fosse suicidato dopo aver restituito il prezzo del venduto e aver chiesto vanamente dâesser giudicato dal sinedrio come accusatore insincero dâun uomo retto. Marco, uditi questi fiati e avendo saputo da Giovanni che il traditore era giunto dallâambiente dei rivoluzionari zeloti, aveva supposto châegli avesse denunciato il nazareno pensando che lâarresto avrebbe causato una sollevazione popolare la quale avrebbe posto il maestro sul trono dâIsraele; e Giuda si sarebbe confortato nellâidea quando il rabbì stesso non solo gli aveva detto di conoscere la sua intenzione di denunciarlo ma, addirittura, lâaveva esortato a non indugiare; visto però lâesito opposto, il traditore si sarebbe sentito colpevole secondo le leggi di Mosè dâaver denunciato un innocente e, poiché il sinedrio non lâaveva voluto processare e condannare, si sarebbe giustiziato da solo: Marco aveva buon cuore, invece il giudizio morale di molti su Giuda sarebbe stato dâassoluta condanna.
Un giorno i fatti raccolti da Marco in quei giorni e altre notizie sul maestro nazareno châegli avrebbe avuto da Pietro sarebbero confluiti in un suo libricino, âVangelo di Gesú Cristo Figlio di Dioâ: sarebbe stato proprio Marco a inventare il genere letterario vangelo, cioè buona notizia; ma ciò sarebbe avvenuto molti anni dopo, al di là della nostra storia.
Due settimane dopo aver lasciato Gerusalemme, gli undici erano tornati e avevano bussato a casa di Marco e sua madre. Avevano raccontato loro che Gesú di Nazareth era veramente apparso loro in Galilea ordinando di tornare a Gerusalemme a predicare la buona notizia della sua risurrezione e della salvezza eterna venutane agli esseri umani, e di allargare in seguito questo vangelo a tutte le nazioni.
Marco era rimasto incredulo. Aveva suggerito a Pietro: ââ¦e se aveste avuto pure e semplici allucinazioni?â.
âCrediamo proprio di noâ, aveva risposto il capo dei discepoli, ânoi tutti abbiamo ormai più che sufficiente luce per credere, anche se comprendo che, per te e per chiunque non abbia visto il maestro risuscitato, ci sia bastante buio per poter non credere. Sai? sento che sarà ovunque e sempre così: luce e ombra, fiducia e no nella nostra testimonianza su Gesú risorto sâaccompagneranno sino alla fine del mondoâ.
A differenza di Marco, Maria aveva glorificato il maestro, del tutto convinta che fosse risuscitato davvero, anche se non lâaveva visto. Gli apostoli, cioè glâinviati come ormai gli undici si definivano, le avevano chiesto di pregare il figlio dâacconsentire ad averli ancora suoi ospiti. Il giovane, nonostante il personale scetticismo, per amore della sua mamma aveva accettato. Così la sua dimora era divenuta la sede del direttivo della neonata Chiesa.
Senza queste occasioni e frequentazioni, Marco non si sarebbe mai trovato nella situazione di poter indagare sullâassassinio del proprio padre.
Capitolo V
(Indice) (#ulink_d089b076-8f3c-5da6-a924-6acc458e08fb)
Compiuti i ventâanni, il giovane sâera sposato con lâunica figlia di Pietro, la quattordicenne Ester. Il matrimonio era stato combinato dai relativi genitori, comâera allora usuale in Israele. Si trattava dâuna brava giovane che, sottomessa al marito come di norma le spose giudee in quel tempo, si sarebbe parzialmente compensata, come tutte loro, esercitando ferrea autorità verso i figli minorenni e, a volte, tentando dâinfluire su di loro anche dopo, così come ancor cercava di fare Maria con Marco anche se con poco successo. Ester aveva accolto glâinsegnamenti religiosi del padre ed era credente in Gesú Cristo risorto. A differenza della suocera la sua cultura era quasi nulla ma ciò, nellâambiente antico, era normalmente considerato per una donna un merito più che un difetto. Avrebbe dato figli a Marco e, a causa dei molti viaggi che il marito avrebbe intrapreso anni dopo, sarebbe rimasta sovente senza di lui, nellâombra della loro casa in Gerusalemme. Fin dâora possiamo farla uscire dalla nostra storia.
Cinque anni dopo il matrimonio, era il 793,10 (#litres_trial_promo) Marco aveva finalmente compiuto la maggiore età e aveva preso a occuparsi direttamente dei propri affari. Rimasto scettico sulla risurrezione di Gesú, egli era ormai lâunico del gruppo a non aver chiesto il battesimo cristiano.
Intanto la Chiesa, allâinizio composta da circa centoventi persone, sâera allargata e oltrepassava ormai, nella sola Gerusalemme, il numero di tremila anime, nonostante lâostilità del sinedrio, sfociata in persecuzione causando arresti e omicidi. Parte dei cristiani aveva dunque lasciato la città , iniziando lâevangelizzazione della Samaria e di altre regioni. Oltre a chiese minori, comunità importanti erano state fondate a Damasco e ad Antiochia di Siria, tutte tributarie di quella di Gerusalemme.
Il cugino di Marco, Barnaba, incontrando cristiani a Salamina la cui minima chiesa dipendeva da quella di Antiochia ed era composta da immigrati da quella città , era rimasto turbato dalla loro predicazione. Conoscendo bene le Sacre scritture, sâera persuaso che Gesú fosse proprio il Messia annunciato dai Profeti e sâera convertito. Non avendo figli cui lasciare i propri beni, aveva venduto il suo podere, sâera trasferito con la moglie a Gerusalemme e aveva donato alla Chiesa lâincasso; aveva quindi iniziato a collaborare con Pietro. Conoscendo il greco, lingua internazionale dellâimpero, e avendo cultura biblica, era stato presto impiegato come inviato in diverse regioni.
Intanto sul fronte opposto, un uomo nativo di Tarso di nome Saulo, che con Barnaba e per un certo tempo con Marco avrebbe avuto parte importante nella nostra storia, aveva preso a perseguitare cristiani per conto del sinedrio conseguendo rilevanti successi.
Saulo era cittadino romano per nascita, sotto il nome di Paolo, e fariseo seguace del grande maestro Gamaliele di Gerusalemme; avendo fine intelligenza, anche grazie a personali studi aveva raggiunto una cultura profonda. Godeva dâuna gran vigoria fisica e dâuna forza psichica che debordava in capacità ipnotica, la sua persona esprimeva un grande fascino nonostante fosse afflitto dalla bruttezza: a differenza di Barnaba e di Marco, persone alte, magre, dai fini lineamenti e con molti capelli e una folta barba, Saulo era calvo sin da ragazzo, grasso e piccolo di statura, aveva foltissime sopracciglia e rada peluria sul viso, dal quale esibiva un naso gigantesco. Ormai non glâimportava delle sue miserie fisiche, ma da giovane non era stato così: esse lâavevano reso oggetto di frizzi e di nomignoli rendendo il suo carattere facile allâira; tuttavia, grazie a un lungo esercizio sâera vinto e ormai da molto tempo, incontrando un ostacolo o, peggio, un atteggiamento ostile, invece di collera vana sapeva esprimere energica ma calma indignazione costruttiva. Rimasto vedovo prematuramente, aveva deciso di dedicare la vita a Dio e, ritenendo di servirlo, nel 787 11 (#litres_trial_promo) sâera messo agli ordini del sinedrio divenendo cacciatore di cristiani; ma tale servizio sarebbe durato solo per un triennio, poi Saulo sarebbe entrato egli stesso nel novero dei perseguitati. Nel 790,12 (#litres_trial_promo) mentre per incarico dei suoi superiori si stava recando a piedi a Damasco, con guardie, per individuare e catturare seguaci di Cristo ed era in testa ai suoi, essendo ormai prossimo alla città era crollato di colpo a terra13 (#litres_trial_promo) come colpito da unâinvisibile folgore. Aveva visto, lui solo, il Risorto immerso in uno sfolgorio di luce abbacinante, mentre i suoi uomini avevano soltanto udito le parole che Saulo andava pronunciando nel contempo: prima egli aveva detto con voce possente, gli occhi serrati, come se stesse ripetendo involontariamente quanto stava udendo: âSaulo, Saulo, perché mi perseguiti?â; aveva quindi chiesto in un sussurro, aprendo gli occhi: âChi sei tu, Signore?â; sâera risposto, di nuovo con voce potente e a occhi chiusi: âIo sono colui che tu perseguiti. Ora alzati e vaâ a Damasco dove ti sarà detto quanto dovrai fareâ. Sâera ritrovato cieco, gli occhi insanguinati e dolenti; poi il sangue sâera trasformato in crosta che aveva lenito il dolore. Condotto per mano in città dai suoi uomini, che avevano pensato a un male improvviso che lâavesse accecato e inebetito, Saulo era stato alloggiato nella casa dâun ebreo di nome Giuda. Per tre giorni non aveva né mangiato né bevuto nonostante le insistenti premure del padrone di casa, che lo sapeva ragguardevole emissario di Gerusalemme. La terza notte aveva sognato, o udito nel dormiveglia, la voce di Gesú: gli annunciava châegli sarebbe stato visitato dal cristiano Anania, il quale gli avrebbe imposto le mani facendogli recuperare la vista. Il mattino dopo gli sâera veramente presentato un uomo di nome Anania che gli aveva detto: âMentre dormivo e sognavo dâessere in un bellissimo giardino, ho udito pronunciare: âAnaniaâ. Io, sentendo con certezza che la voce era quella del Risorto, ho sùbito risposto âEccomi, Signore!â. Egli mi ha ordinato: âVai sulla strada chiamata Diritta, entra in casa dâun certo Giuda e chiedi di Saulo di Tarso, che in questo medesimo istante sta sentendo il tuo nome nella propria mente: è cieco, ma tu glâimporrai le mani ed egli vedrà â. âSignoreâ, ho ribattuto con apprensione, âso châegli ha fatto tutto il male che poteva a tuoi seguaci in Gerusalemme! Inoltre ci è giunta voce che sia giunto qui a Damasco per arrestare proprio noiâ. La voce del Signore mi ha tranquillizzato: âVaâ, egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome tanto ai figli dâIsraele quanto agli altri popoli e ai loro capi, e quando sarà battezzato io gli mostrerò quantâavrà da soffrire per il mio nomeââ. Anania aveva imposto le mani a Saulo cui erano cascate dagli occhi le scaglie di sangue raggrumato e subito egli aveva recuperato la vista: avrebbe inteso essersi trattato dâun segno divino del buio spirituale in cui era vissuto perseguitando i seguaci di Gesú e della luce nella quale stava entrando. Giorni dopo, a casa dâAnania, Saulo era stato battezzato. Sâera quindi recato nel deserto dellâArabia per un ritiro spirituale. Per giorni aveva riflettuto su cosa fare e aveva pregato Dio per ottenere illuminazione, ma senza trovare risposta: Tornare a Damasco e annunciarvi Cristo con Anania e gli altri battezzati? Andare per il mondo predicando il Risorto a chiunque avesse incontrato? Oppure recarsi in Giudea, a Gerusalemme, dovâerano nascosti i capi della Chiesa, cercarli, trovarli e presentarsi loro da pentito, offrendosi di collaborare? ma come avrebbero reagito, non lâavrebbero forse preso per una spia del sinedrio? Una notte, avendo ormai deciso di ripartire il mattino seguente, aveva fatto un sogno rivelatore. Gli era parso di salire in alto fin al terzo cielo e dâarrivare in contatto col Trascendente, quasi viso a viso con Dio: non sarebbe mai riuscito a esprimere chiaramente agli altri lâesperienza, vivissima sebbene vissuta nel sonno, che gli aveva dato una gioia incomparabile. Tuttavia, dopo lâiniziale beatitudine, era apparso al dormiente un viscido e bavoso demonio che lâaveva schiaffeggiato con violenza su entrambe le guance. Quel diavolo era sparito subito dopo, ma non il dolore: Saulo aveva sofferto di lancinanti trafitture nella carne, come se vi fossero state conficcate lunghe spine; e a questo punto aveva udito la voce di Gesú: âEcco le innumerevoli difficoltà che incontrerai nel tuo apostolato, abbandoni di amici, equivoci, persecuzioni, carceri e malattie, e infine la morte violenta a Roma per decapitazioneâ.
âSignoreâ, lâaveva pregato Saulo con parole contratte dal dolore, âse vuoi châio sia tuo apostolo, dammi la possibilità dâannunciare lâevangelo fin quando non sarò ucciso: non mettermi intralci sulla stradaâ.
âPer raggiungere lo scopo ti basteranno il mio amore e la mia benevolenza. Io ti amo! Non preoccuparti e sii certo che, nonostante le molte sofferenze, tu riuscirai. Ci saranno ostacoli che tâimpediranno di portare a termine quei progetti che io stesso ti susciterò, ma che tâimporta?! Pensa allâillimitato mio amore che si manifesta non solo nellâassoluta forza di Dio ma pure nel misterioso svuotamento della sua potenza, nel mio dolore e nella mia morte per la gloriosa mia Risurrezione. Ti sia sufficiente lâesser amato da me Dio e fatto partecipe del mistero pasquale della mia debolezza e della mia forza; e sarà questo scandalo apparente, anzitutto, che tu predicheraiâ. Saulo aveva visto allora negli abbandoni degli amici, nelle malattie e negli innumerevoli altri ostacoli che avrebbe incontrato la sua partecipazione alla debolezza del Dio-uomo crocifisso e sâera sentito così amato e sorretto da lui da poter compiere, per volere divino, nella sua propria carne quanto ancora mancava alla Passione di Gesú, anche se nello stesso tempo aveva capito perfettamente che il vero e solo Salvatore dellâumanità era Cristo, e pure che lâunico autore del successo del suo apostolato sarebbe stato lui, il Risorto.
Gesú gli aveva ancora detto, appena prima del risveglio: âTu faâ tutto quanto puoi, affidandoti appieno al mio amore che concluderà lâopera per te; e adesso vaâ a Damasco e inizia da lì la tua operaâ.
Lâapostolo era tornato in quella città e, colmo dâentusiasmo, vi aveva predicato per un triennio. Col tempo però, egli aveva suscitato lâodio religioso di ebrei canonici. Verso la metà dellâanno 793 14 (#litres_trial_promo) costoro avevano deciso in ottima fede, âper onorare il Signoreâ dâuccidere âSaulo lâereticoâ. Informato in tempo da amici, col loro aiuto era fuggito facendosi calare di notte in una cesta dalle mura cittadine. Sâera rifugiato a Gerusalemme, nella casa dâuna sorella sposata con la quale aveva abitato da quandâera rimasto vedovo, prima del viaggio a Damasco. Sâera quindi recato a casa di Marco dove, come aveva saputo tempo prima da Anania, vivevano i dirigenti della Chiesa: era forte dâuna sua lettera che lo raccomandava quale ottimo, fidatissimo cristiano. Aveva offerto la sua opera dâevangelizzatore al capo degli apostoli Pietro e a Giacomo Bar Alfeo che aveva affiancato il primo nella direzione dei cristiani di Gerusalemme, essendo sovente impegnato il primo in altri luoghi della Palestina e nella città dâAntiochia di Siria. Nonostante la raccomandazione del buon Anania, Saulo aveva incontrato molta diffidenza: il suo referente era conosciuto dal direttivo della Chiesa, ma la lettera non avrebbe potuto essere falsa?! Solo Barnaba era rimasto convinto e aveva interceduto con forza, a più riprese, riuscendo a dissolvere la sfiducia degli altri. Conoscendo assai bene il greco, Saulo aveva iniziato a predicare la notizia della risurrezione di Gesú Cristo nel luogo di maggiore passaggio, davanti al tempio, a quei giudei ellenisti che avevano come unico idioma quella lingua; senza successo però; peggio, aveva suscitato in loro tale ostilità che anchâessi, come gli ebrei di Damasco, avevano cercato dâucciderlo. Non câerano riusciti perché lâapostolo, per un contrattempo, non era passato quel giorno nella via dove, nascosti, lâattendevano armati. Qualcuno dei fratelli di fede aveva però raccolto notizia del fallito agguato e ne aveva avvertito Pietro; dunque Saulo era stato condotto in segreto, da Barnaba e un paio dâaltri in funzione di scorta, a Cesarea Marittima e da qui imbarcato alla volta della sua città natale, Tarso. Vâera rimasto per quattro anni evangelizzando, per primi ebrei in sinagoga, poi gentili. Essendo ben risaputo in città châegli era cittadino romano, sâera trovato relativamente al sicuro: quanto meno, qui nessuno aveva cercato dâammazzarlo. Alcuni convertiti da Saulo, trasferitisi a Roma, vi avevano portato il Cristianesimo, ancor prima che vi giungesse Pietro anni dopo.
Nel 798 15 (#litres_trial_promo) Barnaba aveva raggiunto Saulo a Tarso e con lui era partito alla volta dâAntiochia, la cui comunità dei seguaci di Gesú, ormai comunemente detta âi cristianiâ, da qualche tempo egli coordinava per incarico di Pietro.
Capitolo VI
(Indice) (#ulink_d089b076-8f3c-5da6-a924-6acc458e08fb)
Erano passati diciassette anni dalla morte del padre di Marco e quindici dalla nascita della Chiesa e allâimperatore Tiberio erano succeduti sul trono di Roma lâancor più turpe Caligola e suo zio Claudio.
Il desiderio del giovane di far giustizia dellâuccisore del genitore, nei primi tempi vivissimo, era stato lenito a poco a poco dal tempo, che certo non induce allâoblio per i cari morti e però lascia, a un certo punto, che ne affiori il ricordo solo a tratti e velato. Era stato inaspettatamente dunque che, verso la fine dellâanno 798,16 (#litres_trial_promo) Marco aveva fatto lo sconvolgente sogno del padre che usciva dalla fossa e lo esortava a visitare la sua tomba e a cercare chi lâavesse ucciso: era stato così reale quel sogno da indurlo a considerarlo una visione mandata da Dio; il dolore per la perdita del genitore era tornato intenso quasi come nel giorno in cui era giunta la lettera di Barnaba con la ferale notizia.
Nella Bibbia e nella tradizione orale giudaica il sogno, ogni sogno, ha grande importanza, induce a vedere la realtà sotto una luce più chiara rivelando cose che durante la veglia appaiono in penombra o che restano celate; ma tanto più importante è il sogno in cui parlino, a volte visibili e altre no, figure angeliche o persone defunte, tutte considerate messaggere di Dio: dal sogno di Giacobbe della scala collegante Cielo e terra e percorsa da angeli, a quello preveggente di suo figlio Giuseppe, ai sogni profetici di Daniele, fino a quelli moderni di Giuseppe padre putativo di Gesú e di altri seguaci del Nazareno, tra cui Saulo Paolo di Tarso, lâaccaduto antico e il nuovo, lâattesa del Messia e la sua venuta erano legati dallâonirico filo il quale inoltre, nella vita dâogni giorno, collegava, secondo il generale sentire, la pesante realtà terrena allâeterna Festa celeste, manifestando insegnamenti e svelando voleri divini per le quotidiane cose.
Così Marco, convinto che il padre gli avesse davvero parlato per ordine di Cristo, pur non arrivando a chiedere il battesimo al suocero né a privarsi dei propri beni come i cristiani, aveva iniziato a operare con Pietro come segretario e, conoscendo bene il greco e il latino, quale interprete e scriba.