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L'Eredità Perduta
L'Eredità Perduta
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L'Eredità Perduta


«Si aspettava il pagamento ora. Chi ti assicura che torneremo?» aggiunse con rabbia e cominciò a camminare verso un piccolo tunnel alla sua sinistra.

«Perché si arrabbia?» Il professore mi sussurrò all'orecchio pochi metri dopo, quando il greco si era allontanato un po'.

«Porta sfortuna non pagare il pedaggio» risposi girando la testa. «I Greci sono molto superstiziosi.»

Kalisteas ci condusse lungo uno stretto corridoio che serpeggiava da sinistra a destra, mentre cominciammo a scendere e il caldo divenne ancora più soffocante. Arrivammo ad un incrocio in cui due tunnel tagliavano il percorso e una piccola cavità continuava a scendere.

«Vi ho guidato fino a dove conosco» disse Kalisteas a bassa voce. «Ora tocca a voi.»

Analizzammo attentamente quell'incrocio, fino a quando il professore riconobbe una delle iscrizioni dei tunnel incise sul fondo della roccia e si rivolse a noi con un sorriso trionfante sul viso.

«Questo è il segno che stiamo cercando» annunciò. «Non ho alcun dubbio.»

Continuammo lungo uno stretto passaggio, accendendo le lampade a cherosene mentre ascoltavamo il battito dei pipistrelli dietro di noi, fino a quando il percorso si fermò improvvisamente.

Dopo aver illuminato il luogo a trecentosessanta gradi, potemmo vedere come alla nostra sinistra ci fosse una stretta apertura attraverso la quale una persona poteva a malapena passare.

«L'ingresso segreto» annunciò il professore.

Kalisteas si accovacciò ed entrò nel passaggio, mentre lo seguivamo.

Il tunnel avanzava in linea retta mentre strisciavamo verso il basso in modo che le teste non toccassero il soffitto. Le nostre gambe iniziarono ad intorpidirsi fino a quando non raggiungemmo finalmente la base di una rozza scala a chiocciola in pietra che scendemmo con grande attenzione.

Quando raggiunse il fondo, il professore ansimava.

«Si sente bene?»

«Certo. Non preoccuparti per me. Sono un vecchio topo di biblioteca e non sono abituato a fare sforzi, ma non mi arrenderò.»

Alla fine, Kalisteas sorrise, sembrò vedere un po' di spirito avventuroso nel professore ingobbito.

«Penso che abbiamo raggiunto la fine del nostro percorso» annunciò il greco indicando in avanti.

Davanti ai nostri occhi c'era un'oscura laguna sotterranea che ci impediva di passare. Mentre ci avvicinavamo alla riva, un piccolo altare appena visibile dalla nostra posizione sembrava scorgersi sul fondo della grotta.

«Ci sono solo due opzioni» esclamai, rivolgendomi ai miei compagni. «Attraversare la laguna o tornare indietro e provare un altro tunnel.»

«Qualcosa non mi piace in questa grotta» rispose il professore. «C'è troppo silenzio.»

Cominciammo ad ispezionare la riva, era solo un minuscolo pezzo di terra, fiancheggiato da un'enorme parete rocciosa alta circa dieci metri che attraversava la laguna da sinistra a destra.

«L'altra sponda non sembra così lontana» affermò Kalisteas. «Sono un bravo nuotatore. Penso che potrei attraversarla senza problemi.»

«Non c'è traccia della presenza umana in questa grotta. È come se nessuno fosse stato qui da centinaia di anni» aggiunse il professore.

Lo fissammo entrambi come se avesse letto i nostri pensieri. Il greco iniziò a togliersi i vestiti e si preparò ad entrare in acqua.

«Sei sicuro di nuotare fino a lì?» gli chiesi.

Lui sorrise annuendo.

Entrò in acqua e iniziò a fare alcune bracciate mentre rabbrividiva e il vapore gli usciva dalla bocca. Stava nuotando da poco quando sentimmo un tuffo nell'acqua e una piccola onda si formò a pochi metri da dov’era.

«Guarda» disse il professore.

«Nuota verso la riva più veloce che puoi!» urlai all'istante, «C'è qualcosa nell'acqua!»

Kalisteas guardò alla sua sinistra e vide qualcosa che si avvicinava ad alta velocità.

«Illumini là, professore!» dissi mentre estraevo il revolver dallo zaino e iniziavo a sparare in quella direzione.

Il suono degli spari sembrò spaventare la creatura del lago e Kalisteas riuscì a raggiungere la riva sano e salvo.

«Ora sappiamo perché nessuno ha attraversato questa laguna per anni» disse il greco mentre cercava di asciugarsi e si rivestiva.

«E adesso?» osservò il professore.

«Non ne ho idea» risposi, guardando di nuovo quella sinistra caverna.

Passammo un po' di tempo a scrutare ogni angolo cercando di trovare una soluzione. All'inizio pensammo che l'idea migliore fosse quella di voltarci indietro e tornare un altro giorno con l'attrezzatura giusta, ma eravamo lontani dalla città più vicina e l'ingresso alla grotta sarebbe stato sommerso in un paio di giorni, quindi avremmo dovuto attendere un anno intero per riprovare.

Esausti, ci sedemmo su un gruppo di rocce sul bordo dell'acqua. Nonostante l'oscurità, le torce che avevamo posizionato sulla riva si riflettevano nell'acqua della laguna disegnando un cielo stellato sopra la volta della grotta.

Quella visione fu ciò che mi fece ricordare quando anni fa mi ero svegliato prima dell'alba per intraprendere la dura salita delle vette alpine durante le mie vacanze in Svizzera.

«Quanta corda hai portato?» chiesi a Kalisteas, alzandomi dal mio posto come se fossi una molla.

«Tutta quella che hai chiesto. Ce ne sono diversi metri.»

«Vedi il muro che attraversa la grotta da sinistra a destra?» dissi indicandolo «inizia su questa riva e arriva proprio al piccolo altare. Se riuscissi ad attraversarlo non dovrei bagnarmi nemmeno un dito.»

«Sei impazzito?» Il professore mi rimproverò come se stesse insegnando nella sua classe a Oxford.

«Posso attraversare quel muro da un'estremità all'altra. Guardate» dissi indicandola «l'umidità ha formato un'infinità di cavità nella roccia. Ci si può arrampicare su di essa senza troppi problemi. Spero solo di avere abbastanza metri di corda.»

«È troppo rischioso» aggiunse Kalisteas. Era la prima volta che notavo la paura nei suoi occhi.

«Non sono venuto qui per tornare indietro quando stiamo per realizzare la più grande scoperta della storia» risposi con rabbia.

Entrambi abbassarono lo sguardo e non aprirono bocca.

Preparammo tutta l'attrezzatura necessaria e, dopo averci pensato per l'ultima volta, iniziai l'ascensione. Il primo tratto fu facile, l'altezza non era eccessiva, circa sei metri sopra il livello della laguna, un'altezza sufficiente in modo che nulla potesse attaccarmi dall'acqua.

Avanzavo conficcando le unghie nella roccia mentre legavo la corda e la passavo intorno alla vita per evitare cadute. In quel modo avanzai lungo il muro verso l'altra sponda, facendo un passo dopo l'altro con grande cautela sfruttando i buchi naturali che l'umidità aveva formato nel corso degli anni.

Dopo aver raggiunto la metà, iniziavo ad essere esausto. Guardai in basso una volta e mi sembrò di vedere l'acqua che si muoveva dolcemente al centro della laguna.

Dopo quasi mezz'ora ero esausto, anche se la vicinanza dell'altare mi dava abbastanza forza per continuare. Il maggiore inconveniente arrivò un attimo dopo, perché la corda finì quando mancavano pochi metri per raggiungere l'altra sponda e già vedevo chiaramente quella reliquia.