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Il Consulente Veggente
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Il Consulente Veggente


“Non ci crederà mai”

“Continui, continui, finora non ho creduto a niente, quindi continui.”

Quel commento lascivo non mi sorprese affatto, poiché avevo già superato l’incredulità di molti che si prendevano gioco di ciò che mi succedeva, senza cercare di aiutarmi a capirlo.

“Ebbene, io sono immobilizzato in quel momento, e non so come ma mi sono visto sopra al mio corpo, a circa un metro mezzo, e ho potuto contemplare la scena da lontano, senza sentire alcun dolore, nonostante quella persona si stesse accanendo sul mio corpo.”

“Aspetta, aspetta”disse, mentre il caffè che stava bevendo gli si rovesciava addosso, macchiando anche il tavolo. “Di cosa stai parlando?”

“Una volta finito, ha preso il mio cadavere e lo ha messo in una borsa , non so da dove l’avesse presa, ma era abbastanza grande, e mi ha caricato come un sacco di patate.

Poi mi ha portato all’uscita del parco, dietro l’angolo sud dove aveva un’auto argentata, o meglio grigia, non ne sono sicuro perché era notte e c’era solo la luce del lampione. Mi ha messo nel bagagliaio e ha guidato abbastanza lentamente per la città, e appena si è allontanato ha iniziato ad accelerare, ed è andato a quella velocità per circa tre ore, fino a raggiungere alcune banchine.

Una volta lì ha preso una deviazione che diceva “Pericolo alligatori”, e ha continuato a guidare per mezz’ora, o almeno credo. Tutto questo vicino alle paludi.”

Una volta in mezzo al nulla, poiché non si vedevano costruzioni vicine, ha fermato la macchina, ha tirato fuori il mio corpo, e mi ha lasciato li con la borsa e tutto il resto.

Sono rimasto li per, per…non so, qualche giorno, poi sono andato via da quel luogo, sono risalito.

“Di cosa sta parlando?”

“Di quello che ho visto, gliel’ho già detto, di quello che ho sognato.”

“Ma si è sentito?”

“Certo, perché?

“Ha solo accusato qualcuno con un nome e cognome, mi ha detto dove è avvenuto il crimine e come si è sbarazzato del corpo.”

“Si”.

“E senza una prova?”

“Beh, questo non è compito mio”.

Il commissario, senza dire una parola e con il caffè ancora rovesciato sul tavolo, è uscito dalla sala urlando.

.

Io sono rimasto lì, immobile, senza sapere cosa fare, credendo di aver fatto la cosa giusta raccontandogli quello che avevo visto, ma non capivo la sua reazione.

Dalla sedia l’ho visto iniziare a dar ordini a destra e a sinistra, mentre i poliziotti si muovevano da una parte all’altra del dipartimento, alcuni sono letteralmente corsi fuori, altri erano al telefono, e in tutto ciò io continuavo a restare lì immobile. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, e se dovevo andarmene o aspettare li per continuare il colloquio. Feci per alzarmi e andarmene, ma il commissario mi vide e ritornando sulla porta mi disse con voce autoritaria:”Non si muova da lì”

Così feci, e beh, passarono molte ore guardandomi intorno mentre la polizia andava e veniva, in un clima di agitazione, con le grida del capo, finché ad un certo punto ho visto due dei poliziotti che erano corsi fuori, rientrare con un terzo uomo.

“E’ lui, è lui” ho urlato, non so perché.

“Portatelo fuori di qui” ha detto il commissario a uno dei suoi subordinati, indicandomi.

Così in un istante mi sono ritrovato espulso dalla stazione di polizia, se così si può dire, e senza smettere di sorvegliarmi, sono stato condotto gentilmente alla caffetteria dall’altra parte della strada, dove mi hanno fatto sedere e aspettare.

Nonostante l’avessi chiesto più volte, il poliziotto non ha voluto dirmi cosa ci facevo lì, ne per quanto tempo ci sarei rimasto, ma solo che dovevo stare seduto e in silenzio.

Non so nemmeno per quanto tempo sono rimasto lì, ma ne ho approfittato per pranzare, dato che ero uscito presto per andare al commissariato per raccontare del sogno al capo della polizia, e non avevo mangiato nulla, così ho pranzato e ho aspettato.

E’ stato tutto cosi strano, ma tanto non avevo nient altro di meglio da fare che aspettare, non so cosa, ma l’aveva ordinato il capo della polizia, ed è per questo che avevo una scorta, se così posso chiamarla. Gli ho chiesto per ben due volte se potevo andarmene da li ma non mi hanno lasciato andare da nessuna parte.

Stranamente persino il poliziotto che mi faceva da guardia si è offerto di pagarmi il pranzo, il che era strano. Ma ho capito che quello era un buon segno, poiché se fossi stato un comune prigioniero, se così si può dire, non mi avrebbe fatto mai quell’offerta.

Nonostante tutto l’ho ringraziato, ma ho capito che dovevo pagarmelo da solo, e così ho fatto.

Sono passate ore, e nonostante le mie continue domande al poliziotto, questo non sembrava preoccuparsi del tempo, stava semplicemente lì davanti a me, seduto e in silenzio.

Personalmente ritengo che avrebbe avuto cose più interessanti da fare, ma così gli era stato ordinato di fare e così aveva fatto.

Ad un certo punto è suonato il walkie-talkie che aveva in tasca, cosa che avevo a malapena notato, e l’ordine fu chiaro:

“Riportalo qui!”.

“Andiamo”disse, alzandosi e non dandomi nemmeno il tempo di finire il mio caffè.

Dopo tre tazze avrebbe potuto aspettare ancora un po, ma aveva ricevuto degli ordini precisi, e doveva eseguirli in fretta. Così siamo tornati alla stazione di polizia, e mi hanno riportato nella stanza di vetri adibita per gli interrogatori.

“Allora, mi dica”, ha commentato il capo della polizia entrando nella stanza dove ero rimasto in un angolo dove mi aveva accompagnato la guardia, se così si può definire, e non mi aveva tolto gli occhi di dosso.

“Come fa a saperlo?”

“A sapere cosa?”ho chiesto senza sapere cosa intendesse.

“Non faccia il tonto, come lo ha saputo?”ha chiesto di nuovo.

“Se non mi specifica cosa, io non credo di poterle rispondere.”

“Abbiamo trovato il corpo” ha detto, mentre metteva delle foto sul tavolo.

“Ah, è lei”. Ho detto mentre le osservavo.

Era la prima volta che vedevo quelle tipo di foto, sì, è vero che in televisione le mostrano sempre, sia al telegiornale che nelle serie poliziesche, ma è diverso quando le hai proprio davanti.

In quel momento mi è venuto come un nodo allo stomaco, mi sono sentito male…e non ho potuto fare a meno di vomitare.

“Tranquillo, tranquillo, capita a tutti la prima volta” ha detto il commissario mentre mi dava una scatola di fazzoletti.

“Mi scusi, è stata l’impressione”.

“Sì, ricordo ancora la mia prima volta, purtroppo per me non si trattava di foto, ma di uno scherzo, se così si può chiamare, da parte dei miei compagni di classe. Hanno pensato che sarebbe stato divertente andare al cimitero di notte per dimostrare quanto eravamo coraggiosi, e…ad un certo punto mi hanno buttato in una buca, poco profonda, ma dove c’era una bara scoperta. Di sicuro avevano preparato tutto per l’occasione, ma l’impressione di vedere un corpo da così vicino, nel cimitero, in piena notte, e illuminato solo dalle torce che avevamo con noi, vi assicuro che è proprio una bella esperienza.”

“Immagino” sono riuscito a dire mentre mi asciugavo il viso e le mani e buttavo la carta sul pavimento per coprire dove avevo macchiato.