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Le Immortalità
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Le Immortalità


"Lo capisco io!" s'era adirato di nuovo: "Per ragioni, ma pensi un po' lei! re - li - gio - se. Si rende conto che razza di cretini? Per ragioni religiose!"

"Scusi l'ignoranza: cosa c'entra la religione?"

"La sua non è affatto ignoranza: la loro è ignoranza! Sono convinto che quella commissione di bigotti, perché, come lo è notoriamente la presidente, lo saranno di certo anche tutti gli altri! ha avuto paura che noi avessimo successo, vanificando così la loro fede: pensi dove andrebbe a finire il loro credo se noi scoprissimo esseri intelligenti di altri pianeti."

"Maledizione! La Zanti ha davvero così tanto da fare?!" Il professor Bauer attendeva da venti minuti, in piedi, nel corridoio dell'ultimo piano del Ministero Mondiale della Scienza: come una sentinella s'era piantato davanti alla porta dell'ufficio della presidente della commissione.

Un'ora prima era saltato su di un aereo di linea suborbiter in partenza per Parigi: voleva, anzi pretendeva! immediate spiegazioni; e guai se non fossero state esaurienti.

"Dopotutto lei non ha appuntamento", aveva commentato con voce incolore il robot usciere al piano, dalla sua postazione: "È già gran cosa che la professoressa abbia accettato di riceverla."

Sulla faccia dello scienziato s'era accesa un'espressione cattiva. S’era mosso di scatto verso la macchina piantandole gli occhi negli obiettivi. L'automa s’era tirato indietro finendo addossato alla parete. Tuttavia, se il Bauer sulle prime aveva sofferto d’una qualche brutta intenzione, non soltanto raggiunto l’usciere non l'aveva espressa, ma, trapiantatosi sulla bocca un forzato sorriso, era riuscito a parlargli in tono mite: “Ti prego di sollecitare. Hm... Sarò riconoscente."

"Così sì!" aveva approvato l'altro e subito era andato a bussare all'uscio della presidente; poi, schiudendo la porta senza aspettarne l'invito e ficcando la testa nella stanza, aveva poco più che sussurrato: "Professoressa, quel Bauer..."

"Sì, ho finito", aveva risposto una voce femminile: "Ho sentito le lamentele del professore, ma stavo appunto per riceverlo: tra un minuto, fallo passare."

"Il signore è servito", aveva detto al Bauer il robot, piantatosi innanzi a lui con la man destra aperta; sulla quale il professore aveva posato un soft-dream, una sorta di bottoncino elettronico appositamente sintetizzato dall’industria per il rilassamento mentale degli automi.

Questo sogno, l’ho già sognato, s’era detto mentalmente il robot con delusione, dopo essersi infilato il bottone elettronico nell’apposita fessura pettorale e aver esaminato quella mancia.

La presidente era una donna sulla settantina, asciutta, occhi cerulei, capelli candidi cortissimi, naso lungo e stretto, bocca sottile. Nessun trucco: unica civetteria, la totale eliminazione delle rughe col metodo ambulatoriale Darendhörf.

Il Bauer, anche se ben sapeva che non gli sarebbe stato facile, s'era ripromesso di mantenersi tranquillo. Nel salutare la Zanti era riuscito addirittura a esprimere un bel sorriso: "Non capisco perché mai la nostra domanda non sia stata accettata: non ce l'avete mica spiegato! Francamente non vedo proprio perché..."

"… perché si tratti d'un progetto illogico?" aveva sorriso a propria volta la presidente dall'altro lato della scrivania, facendogli cenno d'accomodarsi.

"Appunto. Dopo la scoperta delle onde ultrafotoniche..."

"Non è questo il punto, professore. Si tratta di filosofia. Infatti..."

"Che cavolo c'entra la filosofia?! Hm… mi scusi, non desidero essere scortese; solo capire..."

“Allora ascolti, se vuole capire”: gli occhi le s’erano un poco induriti: "Il punto è che lei è un notorio ateo e ha voluto presentare una congettura dichiaratamente atea."

Le guance del Bauer s'erano accese: "Ecco, proprio come pensavo!"

"Aspetti, professore, perché non ha proprio capito. Sappia che quasi tutti i membri della commissione, a parte me e un altro elemento, sono atei come lei; e il punto è proprio questo: che l'ateismo non si concilia affatto con la probabilità che nel nostro cosmo ci siano altre creature intelligenti."

"Che cosa racconta?! Caso mai è all'incontrario! Parliamoci chiaro: siete voi credenti ad aver paura che si trovino extraterrestri e cada così la vostra bubbola religiosa": tutto il suo viso s’era fatto paonazzo.

"Nemmeno per sogno, professor Bauer; e poi come avremmo potuto prevalere io e un altro solo membro contro dieci atei? Se però adesso non si calma, senz'altro la congederò."

"…e va bene, purché mi spieghi; ma se non mi convincerà..."

"… mi darà un pugno sul naso?" e aveva espresso una risatina.

"N...no, naturalmente, ma nel ricorso che farò, certamente mi sentiranno."

"È suo diritto; e adesso, se vuole, ascolti. Per quanto riguarda quei princìpi religiosi che lei teme, sappia, ma questo glielo dico a puro titolo informativo, che noi crediamo che la Rivelazione riguardi esclusivamente il genere umano e nulla dica degli altri innumerevoli progetti possibili di Dio per l'universo, compresa la creazione d’extraterrestri. Sarebbe meraviglioso incontrare altre possibili intelligenze! Noti che se io fossi stata atea, invece che possibili avrei detto inverosimili".

Il Bauer aveva scosso la testa con disapprovazione.

"Sì, invece. Faccia ben attenzione: perché mai la commissione ha ritenuto, a maggioranza di dieci contro due, che secondo la sua stessa visione atea, professore, credere a creature extraterrestri nel nostro cosmo fosse illogico e che sarebbe non improbabilmente uno spreco finanziarne ulteriormente la ricerca?"

"Uno spreco?"

"Aspetti. Va intanto detto che l'ipotesi di voi atei è che la vita sia nata per puro caso, non è vero?"

"Si capisce."

"Questo però non appare molto probabile qualora esista un unico universo, il nostro."

"Ma..."

"Aspetti. Lei ben sa che negli ultimi secoli sono stati individuati milioni di pianeti orbitanti attorno a milioni di stelle e che nemmeno uno è stato ritenuto capace di ospitare vita intelligente; vita inferiore sì, ma superiore no. Infatti in tutti quei mondi manca qualcosa e, in primo luogo, attorno a nessuno di essi orbita un satellite come la nostra Luna, senza la quale noi nemmeno esisteremmo. Lei sa sicuramente che da grandissimo tempo c'è un legame inscindibile fra i nostri due mondi: quando la Terra era ancor giovanissima e informe, un altro pianeta, più o meno avente la massa di Marte, invece di trovar sede attorno al Sole cozzò con enorme violenza col nostro, la loro materia si mescolò, in parte essa s'incorporò del nostro mondo e in parte la combinazione di elementi finì in orbita, prima formando un anello tutt'attorno alla Terra, poi compattandosi in un unico corpo e divenendo la Luna. Qualcosa di casuale? Beh, io non lo supporrei poi troppo. Comunque, certo è che la Terra senza la Luna non sarebbe com'è e, come ho detto, che noi nemmeno ci saremmo. In primo luogo infatti non ci sarebbero le maree, dovute all'attrazione lunare, quelle maree che influirono eminentemente sulla nascita della vita sulla Terra, in quanto le forme biologiche si sviluppano velocemente e nel modo migliore proprio dove le condizioni ambientali sono critiche e, perciò, adatte al perfezionamento genetico e allo sviluppo cerebrale: sono invece le situazioni statiche a presentare negatività per la vita, perché portano le forme biologiche elementari a non evolversi e a finire estinte; ebbene gli oceani, soggetti alle imponenti maree provocate dalla Luna, che in passato era assai più vicina a noi ed esercitava ben maggiore attrazione, furono nel lontanissimo passato i laboratori più fattivi per la crescita di forme biologiche vie più complesse. In secondo luogo, è alla Luna che si deve quella relativa stabilità del clima terrestre nel corso delle stagioni che ha permesso alla vita di fiorire; e anche l'alternarsi delle stagioni è dovuto allo scontro fra pianeti da cui derivò la Luna, per il quale la Terra modificò la pendenza del proprio asse di rotazione che non fu più perpendicolare al suo piano orbitale, ma assunse un angolo ottimo di 23 gradi; ciò produsse la variazione, nel corso dell'anno, dell'inclinazione dei raggi del Sole e, quindi, il susseguirsi delle diverse stagioni. Non basta: la Luna mantiene ferma da allora tale felicissima inclinazione, con effetto stabilizzante sulla nostra orbita, mentre cambiamenti orbitali sarebbero gravemente dannosi per la vita."

"Va bene, presidente, sono d'accordo su queste cose, che ovviamente sapevo e ho ascoltato solo per mia naturale affabilità."

Con difficoltà la presidente aveva trattenuto il riso, ben conoscendo la rudezza dell'uomo che aveva davanti.

Il quale aveva proseguito: "Niente ci dice tuttavia, ne converrà, non è vero? che, solo perché non lo si è individuato per adesso, non esista almeno un mondo come la Terra avente un satellite come la Luna e orbitante attorno a una stella gemella del nostro Sole: nell'intero universo e, chi lo sa? magari addirittura nella nostra galassia."

" È vero, professore, ma difatti io le avevo parlato di probabilità, non di certezza: penso proprio che la sua ipotesi basata sul mero caso, abbia una probabilità bassissima e, lo capisce bene... i fondi si elargiscono soltanto se la probabilità di successo non sia giudicata infima."

"Hm..."

"Nel caso dell'esistenza di un Essere trascendente creatore e ordinatore dell'universo si potrebbe supporre l'esistenza di altre specie intelligenti nel nostro stesso universo. Certo la cosa sarebbe invece differente qualora fossero provati innumerevoli universi paralleli al nostro, quegli universi che, già alla fine del millennio scorso, gli scienziati avevano congetturato ma senza poter mai giungere, neppur oggi, a provarne sperimentalmente la realtà. Solo se ci fossero davvero tali cosmi si potrebbe ammettere come non troppo improbabile l'esistenza, non per intervento divino ma per puro caso, di altra vita intelligente in qualcuno di essi. Se dunque è necessario immaginare biliardi e biliardi di paralleli universi per ritenere sufficientemente credibili altre vite intelligenti sorte per mero caso, è ovvio che, per uno scienziato ateo come lei, altre creature intelligenti nel nostro stesso universo, l'unico dove lei potrebbe investigare con le onde ultrafotoniche, dovrebbero logicamente essere escluse."

"Hm..."

"Solo l'ipotesi degli scienziati credenti, quale sono io, che ci sia un Ente personale, un Dio creatore e ordinatore, rende non improbabile l'idea di extraterrestri nel nostro universo e le assicuro di nuovo che io per prima vorrei che fossero scoperti perché sarebbe meraviglioso incontrare altre creature di Dio. Ecco perché, pensando che fossi stata io a bocciare la sua richiesta, lei ha sbagliato appieno."

"…e se io fossi stato invece un credente?"

"I membri della commissione sono persone rispettose delle altrui coerenti congetture. Come uomini di dubbio, perché scienziati, sanno bene che, secondo l'epistemologia popperiana, non sono scientifiche né l'ipotesi degli innumerevoli universi né quella dell'Ente creatore, in quanto non sono sperimentabili né Dio né, almeno per ora, altri universi; semplicemente si tratta di congetture accettate in assenza di altre più verosimili, ipotesi che hanno il 50% di probabilità ciascuna: proprio, di nuovo, come al tempo del matematico Blaise Pascal e della sua scommessa su Dio al 50%. Se lei fosse stata credente, professore, certamente, in nome del dubbio scientifico e della logica, anche la maggioranza atea della commissione, oltretutto considerando la sua alta fama, le avrebbe risposto di sì, non avendo da opporre che il proprio 50% parimenti non scientifico; ma così, quando lei per prima si dichiara atea..."

"…un'ipotesi al 50%, vero? Già, già, dopotutto è un'idea che si potrebbe anche considerare, non è vero?. Anzi, senta: senz'altro, avvalendomi del diritto d'appello, presenterò una nuova congettura secondo un'ipotesi deista; ma lei è proprio sicura che poi i fondi me li daranno, non è vero?"

Capitolo 4 (#ulink_0d2af732-2128-5bb5-8fbc-44ddc44326bf)

"La Spirale d'Oro, signor giudice, era certamente la più ardua meta accademica della Terra, così dura a raggiungersi che, prima di me, in cinquant'anni dalla sua istituzione nel appena un centinaio di persone era arrivata al traguardo. Era un obbiettivo splendido: il superlaureato aveva diritto, vita natural durante, a un'altissima rendita, con cui avrebbe potuto proseguire le proprie ricerche serenamente, senza più alcuna necessità di lavori mercenari. Fin da ragazzo l'avevo sognata, sin da quando ero un garzone sedicenne nella bottega dei miei genitori a Modena: armi laser d'autore. Non che quell'arte mi dispiacesse, anzi: non mi limitavo a eseguire i progetti, ma tante volte apportavo migliorie di mia invenzione a molti modelli di fucili e pistole. Il mio sogno, però, era di giungere infine alla ricerca pura, a tempo pieno. Per questo dedicavo allo studio ore notturne rubandole al sonno. Pagavo, spendendovi quasi intero il mio salario, le tasse di primarie università del mondo, in America e in Asia. Potevo frequentarne almeno in parte le lezioni nel corso della notte, approfittando dei diversi fusi orari dei continenti e grazie all'apparecchio che mio padre m'aveva regalato, il Teletrasporto Istantaneo Esseri Viventi Green-Berusci. Così, col passare del tempo, esame dopo esame, conseguita la maturità generale a Bologna, ottenni prima la laurea in matematica e fisica a Princeton e quindi il dottorato superiore in filosofia universale a Tokio. Avevo ormai trent'anni. In tutto quel tempo non m'ero concesso un solo svago. Ero stato talmente preso dallo studio che non avevo neppure frequentato donne ed ero rimasto scapolo; si potrebbe dire: come un monaco del sapere. Intanto, ormai defunti mio padre e mia madre e ereditata la loro bottega, per mantenermi ne avevo proseguito l'arte, ottenendone buoni redditi e mantenendo la libertà del mio tempo da inflessibili orari: non ne avrei avuto di certo altrettanta se avessi scelto una professione dipendente, fosse pure stata quella di ricercatore in qualche istituto; anche se, per contro, sarebbe stata sicuramente un'attività di maggiore prestigio rispetto a quella di armaiolo; ma questo non m’importava. Per altri venti interminabili anni ancora studiai e studiai per prepararmi alle quasi insuperabili prove per la Spirale d'Oro: studiai e fabbricai armi, fabbricai armi e studiai. Finalmente pronto, all'inizio dell'anno scorso sostenni e passai i tre previsti livelli d'esame a Mosca, Roma e Parigi e discussi la tesi generale a Oslo; ed ebbi infine il mio superdiploma! Avevo ormai compiuto i cinquant'anni. Non appena cominciò a giungermi la ricca rendita della Spirale, liquidai la bottega e col ricavato acquistai attrezzature scientifiche, affittai un efficiente e ampio laboratorio a Cambridge e, finalmente, mi dedicai alla ricerca pura, puntando questa volta al Premio Unificato Nobel-Green-Berusci; ma il bel sogno non durò. Appena due mesi dopo, signor giudice, a causa dello sciagurato lancio nello spazio con le onde ultrafotoniche, da parte del professor Bauer, di informazioni sulla Terra, scoppiò la guerra e fummo invasi; e uno dei primi provvedimenti del governatore militare fu, come purtroppo la nuova legge consente, di indirizzare a proprio maggiore stipendio tutte le rendite della Spirale d'Oro. Per vivere cercai allora, ma vanamente, un impiego adatto alla mia preparazione: tanto negli istituti di ricerca e nelle università quanto nelle industrie, troppi erano i giovani a fare la fila, e con la bava alla bocca, in quel periodo di crisi economica! Lei lo sa come sono quasi tutti i ragazzi oggigiorno: se solo provi a metterti in concorrenza con loro, t'aspettano con un sublimatore e ti fanno sparire! Per mangiare, non avendo più denaro, fui costretto a vendere le mie attrezzature usate, per quattro soldi. D'altronde, non potendo più pagare il fitto del laboratorio, non avrei nemmeno saputo dove custodirle. Finalmente, essendo uno dei pochissimi esperti d'armi d'autore, trovai lavoro presso un giovane armaiolo di Londra che aveva appena rilevato da altri la sua bottega e non conosceva ancora perfettamente il mestiere, riprendendo così, ma da salariato, il lavoro di prima. Insomma, ben altro, ormai, che le mie amate ricerche! Tutta una vita spesa per nulla; anzi, addirittura per discendere da padrone a dipendente e agli ordini d’un pivello, per di più. La mia rabbia montava, e montava, e montava. Alla fine, quattro giorni fa, essa è scoppiata. Saputo che il dì seguente, anniversario della conquista, il governatore sarebbe sfilato con altri dignitari per Regent Street, ho preso uno dei fucili della bottega e mi son appostato a una finestra delle soffitte della Biblioteca Civica che avevo raggiunto nascostamente. Quand'egli è passato sulla sua slitta ad aria, gli ho saettato giù un raggio abbruciante, nell'intento di fargli una bella scriminatura al centro della testa. Mi creda: volevo solo che soffrisse un po', non di certo ammazzarlo; infatti, checché ne pensi il signor pubblico ministero, il raggio abbruciante non uccide. Per il governatore sarebbe stata una ben misera punizione a confronto della mia sofferenza spirituale; e oltretutto, signor giudice, l’ho pure mancato! In verità, ora che la mia ira è sbollita, sono davvero felice ch’egli sia rimasto incolume. Avevano ragione i miei genitori: mai la vendetta! Essa è nemica della giustizia. Spero che lei, signor giudice, voglia comprendere la sincerità del mio pentimento. Una cosa è comunque certissima, e la prego vivamente di credermi: la ribellione politica non c'entrava proprio per niente col mio atto."

Dopo molte ore, il magistrato era rientrato in aula con la sentenza.

"L'imputato si alzi!" aveva ordinato il commesso di sala.

Come prescritto dalla legge, il giudice aveva letto con voce tagliente: "Imputato Roberto Ferrari, la giudichiamo... colpevole! e la condanniamo a trent'anni di lavori forzati nelle miniere di metano solido su Titano. La seduta è tolta."