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Liderazgo virtuoso
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Liderazgo virtuoso

Ispirare, illuminare, guidare, animare tutti noi, ma, in particolare, le persone responsabili di promuovere il cammino comune dello sviluppo integrale e sostenibile nella nostra «casa comune», è un compito urgente. Per questo l’incontro e la collaborazione fra la Chiesa e le Organizzazioni Internazionali assume un’importanza cruciale. L’ispirazione religiosa e la riflessione etica si devono comporre e integrare con le competenze e il lavoro della ragione nelle discipline scientifiche, economiche, sociali, psicologiche, storico-culturali e così via.

I SEMINARI DELL’AUTUNNO 2019 E IL PRESENTE VOLUME

È da intendere in questa prospettiva il significato dei contributi raccolti in questo volume, frutto di tre Seminari che hanno avuto luogo nell’autunno del 2019 per iniziativa della Fondazione vaticana J. Ratzinger – Benedetto XVI in collaborazione con il Rappresentante della Santa Sede presso le Organizzazioni internazionali delle Nazioni Unite a Roma – la FAO, l’IFAD e il PAM – e con l’appoggio dell’Istituto Razón Abierta di Madrid e un contributo della Templeton World Charity Foundation.

Ci si può domandare perché la Fondazione Ratzinger si sia impegnata in questa iniziativa. Il fatto è che le attività della Fondazione – secondo lo spirito del suo Fondatore – non mirano esclusivamente a studiare il suo pensiero e la sua opera, ma anche a sviluppare nuove ricerche e iniziative a partire da essi. Ora, è noto a tutti come Benedetto XVI abbia affrontato a più riprese i grandi problemi dell’umanità di oggi: le responsabilità per la giustizia e la pace e l’esigenza di una «ecologia umana». Proprio lavorando su queste tematiche e sulla loro continuità fra Papa Benedetto e Papa Francesco (come avvenuto, in particolare, in un Simposio internazionale organizzato presso l’Università Cattolica di Costa Rica sulla Laudato si’, nel 2017), la Fondazione ha avviato una fruttuosa collaborazione con il Rappresentante della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali delle Nazioni Unite a Roma e con gli ambienti delle stesse Organizzazioni. A ciò si è sommata anche un’altra delle direttive di collaborazione della Fondazione, che la vede impegnata sui temi della leadership responsabile ed eticamente ispirata per rispondere efficacemente alle domande urgenti dell’umanità di oggi e che si inserisce in un programma di promozione della «Virtuous Leadership», a cui la Templeton World Charity Foundation e l’Istituto madrileno Razón Abierta, sono particolarmente interessati.

Le iniziative dell’autunno 2019 sono state tre e hanno preso le mosse da una circostanza eccezionalmente favorevole: il Sinodo dei Vescovi per l’Amazzonia. Infatti, il primo Seminario si è inserito nel contesto del Sinodo per l’Amazzonia ed è stato sostenuto dalla Segreteria del Sinodo. Si è svolto nel pomeriggio di sabato 19 ottobre, aperto a tutti ma indirizzato soprattutto ai partecipanti al Sinodo. Il Seminario, intitolato: «Le sfide della regione panamazzonica: cooperazione necessaria tra gli Organismi internazionali e la Chiesa cattolica e leadership etica», mirava a fare incontrare alti funzionari della FAO e dell’IFAD con i membri del Sinodo, in modo da approfondire il ruolo delle Organizzazioni Internazionali nell’affrontare i problemi dell’Amazzonia, nella prospettiva di una leadership responsabile, etica. Gli interventi sono stati tenuti da: Card. P.R. Barreto Jimeno; Dr. R. Castro-Salazar (Assistente del Direttore Generale FAO); Dr. M. Prayer Galletti (IFAD); Prof. F. Torralba (Università di Barcellona), Mons. F. Chica Arellano (Rappresentante della Santa Sede presso le Organizzazioni delle Nazioni Unite a Roma). Alla sessione degli interventi è seguito un Concerto offerto ai sinodali e agli altri partecipanti da un’orchestra e un coro provenienti dalla Bolivia (Coros y Orquestra Palmarito & Urubichà), che ha arricchito la serata con il suo, apprezzatissimo, contributo artistico.

Il secondo Seminario ha avuto luogo il 13 novembre, presso la FAO, sul tema: «Costruire il presente e preparare il futuro con una leadership etica» («Building the Present and Preparing for the Future with an Ethical Leadership»), con gli interventi di: Dr.ssa M.H. Semedo (Vicedirettore Generale FAO); Prof. S. Zamagni (Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali); Ecc. P. Sebastiani (Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede); Prof. V. Buonomo (Rettore della Università Lateranense).

Infine, il 16 dicembre, ha avuto luogo il terzo Seminario presso l’IFAD, sul tema: «Leadership etica e cooperazione internazionale», con gli interventi di: Dr. D. Brown (Vicepresidente IFAD); Prof. J. Esquinas Alcázar (Università di Cordoba); Dr. M. Torero (FAO); Prof. S. Kampowski (Istituto Teologico Giovanni Paolo II); Mons. F. Chica Arellano.

Un quarto Seminario, che era stato già organizzato per il 5 marzo 2020 sul tema: «Leadership etica e spiritualità», per approfondire il tema della Virtuous leadership nella prospettiva delle tradizioni spirituali domenicana, gesuitica e benedettina, purtroppo non ha potuto essere realizzato per la sopraggiunta pandemia del coronavirus.

Nel presente volume gli interventi tenuti nei Seminari non sono pubblicati secondo l’ordine cronologico in cui hanno avuto luogo, ma seguendo un criterio diverso. In principio sono raccolti i contributi più direttamente collegati alla visione e all’impegno della Chiesa cattolica, in seguito i contributi sui compiti e la visione di alcune importanti Organizzazioni internazionali, presentati dai loro stessi responsabili. Infine sono presenti gli approfondimenti degli esperti su alcune delle grandi questioni da affrontare, soprattutto nel campo dell’attività agroalimentare, della cooperazione e delle relazioni internazionali.

LA PROSPETTIVA E IL CONTRIBUTO DELLA CHIESA CATTOLICA

Il breve intervento del card. Pedro Barreto Jimeno in apertura del Seminario, con la partecipazione dei membri del Sinodo per l’Amazzonia, funge bene – in certo senso – da introduzione generale. Egli manifesta il cordiale desiderio di collaborazione fra Chiesa e Organizzazioni Internazionali di fronte a una sfida concreta e di gran peso come quella della salvezza e del benessere dell’Amazzonia. In essa, oltre alle questioni ambientali, viene messa in primo piano anche quella del rispetto dei popoli indigeni e della loro cultura e responsabilità.

Il contributo del prof. Stephan Kampowski approfondisce la questione dell’etica del bene comune alla luce dell’Enciclica sociale di Benedetto XVI Caritas in Veritate, mettendo in luce come, per Papa Ratzinger, le vere radici del problema del sottosviluppo non sono solo di natura economica o demografica, ma vanno cercate più profondamente nelle relazioni fra persone e popoli. Solidarietà e, ancor più, fratellanza sono le vere chiavi per uno sviluppo degno della persona umana.

Mons. Fernando Chica Arellano studia il tema della leadership etica nelle responsabilità e nelle attività delle Organizzazioni internazionali e delle Relazioni internazionali, in rapporto al magistero dei Papi, da Pio XII in poi, ma soprattutto in Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. La considerazione di un ordine internazionale che si eleva verso la prospettiva di una «civiltà dell’amore» permette di cogliere la profondità e l’intensità con cui la Chiesa vuole offrire l’ispirazione necessaria per un impegno generoso e appassionato per la costruzione della famiglia universale dei popoli.

Infine, il prof. Francesc Torralba offre un’ampia, affascinante e dettagliata lezione sulla leadership etica alla luce del magistero e dell’esempio di Papa Francesco. Il fatto che Papa Bergoglio sia assurto indiscutibilmente al ruolo di leader internazionalmente riconosciuto e rispettato, interlocutore credibile per le grandi domande e preoccupazioni dell’umanità di oggi, merita una riflessione attenta da parte di coloro che – anche se a livello diverso e più modesto – condividono la responsabilità del servizio per la comunità umana.

COMPITI E IMPEGNI DEI GOVERNI E DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Il Dr. René Castro prende le mosse dalle problematiche affrontate nelle riunioni della Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul Cambio Climatico (la «COP») per rilevare l’urgenza degli appelli lanciati da Papa Francesco nella Laudato si’ e per spiegare l’importanza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati dalle Nazioni Unite nel 2015. Essi rappresentano, effettivamente, un quadro di riferimento ampio e integrato per l’azione multilaterale, i cui primi responsabili sono i governi. Le Organizzazioni internazionali hanno un compito di carattere esecutivo e lo sforzo per il raggiungimento degli Obiettivi nel 2030 costituisce per esse e per i loro operatori un impegno non solo di natura tecnica, ma anche altamente morale per la salvezza del Pianeta.

La Dr.ssa Maria Helena Semedo, sulla stessa linea, insiste sul fatto che l’Agenda per la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile non dev’essere un «mero processo tecnocratico di riforme» operative, ma dev’essere attraversata da una forte «radice etica», in cui i cambiamenti delle policies vengano accompagnati dai cambiamenti delle persone e «nessuno venga lasciato indietro». Ancora, gli Obiettivi devono essere considerati indivisibili, cosicché le dimensioni ambientali e sociali non possano essere trascurate o subordinate a quella economica. Particolarmente intenso è il richiamo a unire la necessaria «neutralità» delle Organizzazioni internazionali con «le più alte aspirazioni etiche». A tale riguardo continua ad essere di ispirazione la grande figura di Dag Hammarskjöld con il suo appello al «servizio» come centro dell’identità dell’international public servant.

Anche il Dr. Donal Brown inquadra il suo intervento nelle prospettive degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e descrive il servizio dell’IFAD, nella cooperazione internazionale, alla luce di questi. Le dimensioni etiche nel lavoro dell’IFAD sono molteplici. La principale di esse anima tutto l’impegno per lo sviluppo agricolo dei Paesi e delle popolazioni più povere secondo il nobile motto: «Non lasciare indietro nessuno – Leaving no one behind». Ma ciò si articola in rapporti con i governi che si devono ispirare a principi di trasparenza e accountability e in modalità di lavoro sul campo che siano estremamente attente alla promozione di ogni singola comunità e persona, con le sue specifiche caratteristiche, tenendo conto soprattutto delle fragilità e vulnerabilità dei poveri.

Il Dr. Mattia Prayer Galletti si sofferma in particolare sull’impegno dell’IFAD in favore dei popoli indigeni nelle diverse regioni del mondo. In questo campo si incontrano le grandi sfide dell’umanità di oggi in una forma concreta e specifica: i popoli indigeni sono visti come un ostacolo al modello oggi prevalente di sviluppo economico; essi hanno un rapporto con la natura che li rende particolarmente capaci di rispondere positivamente alla problematica ambientale; sono popoli con culture proprie, degne di grande rispetto, da cui vi è molto da imparare e che oggi sono ad alto rischio di estinzione; sono comunità che incontrano grandi difficoltà a ottenere il riconoscimento dei loro diritti nell’ambito dei sistemi politici e giuridici dei Paesi dove si trovano. Tutte queste considerazioni sono di fondamentale importanza anche nel contesto del Sinodo per l’Amazzonia e per l’attuazione dei suoi orientamenti.

SCIENZA ED ETICA DAVANTI AI GRANDI DILEMMI:

FAME, ECOLOGIA, GIUSTIZIA, PACE…

José T. Esquinas Alcázar prende le mosse dal problema della fame e della malnutrizione per sottoporre a dura critica la deriva mercantilistica odierna dell’attività agroalimentare con le sue conseguenze drammatiche di ingiustizia e di spreco e per mettere in luce l’importanza, non riconosciuta, dell’agricoltura familiare e dei piccoli agricoltori. Il discorso però si allarga sul futuro del pianeta – Quo vadis Terra? – per superare una visione antropocentrica e formulare le esigenze di un’etica più inclusiva. Queste vengono così riassunte: ridefinire lo sviluppo e sostituire il PIL (Prodotto Interno Lordo) con indicatori più adeguati; riconciliare economia ed ecologia, internalizzando le esternalità nel contesto di un’economia solidale e «circolare», capace cioè di trasformare i residui in risorse; riconoscere in forma efficace i diritti delle generazioni future; sviluppare la cittadinanza e la governance mondiale in prospettiva multilaterale sulla base di quattro principi: Sostenibilità, Etica, Rispetto della diversità, Armonia nelle relazioni sociali e con la natura.

Anche Máximo Torero, alla luce della sua esperienza di economista dello sviluppo presso la FAO, vede nella fame e nella malnutrizione due sfide cruciali e urgenti da affrontare per un’esigenza etica imprescindibile. Egli mette in luce la questione della sicurezza alimentare nel contesto dei rapporti commerciali internazionali, rilevando gli effetti catastrofici dei conflitti commerciali fra i grandi Paesi del mondo (oggi, ad esempio, Stati Uniti e Cina) sulla situazione dei popoli più poveri e deboli. Tuttavia le cause dei problemi sono molteplici, come, per esempio, i sussidi governativi per prodotti che, in realtà, conducono a malnutrizione e diete nocive (obesità) e così via. In tal senso, l’autore insiste sulla interconnessione fra i diversi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Egli conclude ricordando che già nel 1982 la FAO affermava che i problemi della fame nel mondo avrebbero potuto essere risolti con una spesa irrisoria rispetto a quelle militari, purché vi fosse la necessaria «volontà politica» di perseguire le giuste priorità.

Le difficoltà di affrontare efficacemente le grandi questioni connesse alle attività del settore agroalimentare e alla sicurezza alimentare nel quadro di uno sviluppo sostenibile vengono discusse dal Prof. Stefano Zamagni nel contributo più esteso del nostro volume. L’Autore ritiene che: «di tutti i settori economici della contemporaneità, quello dell’agri-food è il settore produttivo caratterizzato dalla più alta intensità di dilemmi, di natura sia etica sia politico-istituzionale». Così, per quanto sia vero che la produzione globale di cibo nel mondo è abbondante e gli sprechi eccessivi, pensare che il problema sia solo di natura distributiva è una semplificazione eccessiva. Zamagni richiama poi l’attenzione sul peso che la finanza esercita sull’agricoltura e sul sistema dei prezzi e sul fatto che si sono sviluppati metodi di produzione agricola fortemente dannosi per la biodiversità (monoculture, semi brevettati, ecc.). Venendo alle strategie di intervento, si propone lo sviluppo – soprattutto in regioni strategiche – dell’«agroecologia», che tiene conto sia della sostenibilità economica che di quelle sociale e ambientale; sul fronte «culturale» si propone una vera educazione ai regimi alimentari, attenta alla qualità più che alla quantità degli alimenti (ad esempio, riduzione del consumo di carne); sul fronte economico-istituzionale si insiste sulla necessità di opporsi alla concentrazione del potere nelle mani di pochissimi gruppi multinazionali. Giusta determinazione dei prezzi, modifica dei modelli di consumo, lotta all’accaparramento delle terre, difesa dall’abuso dei brevetti, agroecologia, sono linee operative su cui orientare urgentemente l’impegno comune.

Il tema della cooperazione internazionale per lo sviluppo è al centro del contributo dell’Ambasciatore Pietro Sebastiani. L’orizzonte più ampio in cui egli si colloca è quello della costruzione della pace come alleanza universale, in cui ogni persona e ogni comunità umana possano intraprendere il loro cammino di sviluppo in condizioni di dignità, responsabilità e consapevolezza, con un ruolo attivo e con un atteggiamento di condivisione. In tal senso il messaggio dell’Enciclica Laudato Si’ è molto prezioso, poiché coniuga inscindibilmente il tema dell’ecologia con quello della giustizia sociale. Ma l’autore insiste anche con forza sulla necessità di intensificare la cooperazione internazionale, oggi gravemente insufficiente (gli investimenti necessari per cambiare effettivamente i termini del problema dovrebbero essere 15/20 volte maggiori!). Essa non deve venire considerata dominio riservato dei governi e di qualche ONG, ma coinvolgere anche il settore privato, le piccole e medie imprese, le cooperative agricole e di servizi. Il caso del rapporto fra Europa e Africa è emblematico e, senza uno sforzo molto più grande, l’Europa non avrà un futuro.

Infine, il prof. Buonomo affronta con coraggio il tema della leadership etica di chi è chiamato ad operare nel mondo dei rapporti internazionali. La sua è un’analisi articolata che rifugge dalla facile enumerazione di principi o valori astratti e cerca di tener conto della grande varietà delle situazioni e anche delle trasformazioni dell’odierno panorama mondiale. Si cerca di mettere a fuoco quali siano i valori etici su cui fondare una leadership, quali gli obiettivi da perseguire, quali i caratteri del leader stesso. I contesti sono diversi nel caso dei rapporti bilaterali o multilaterali. Il leader non è autonomo, perché rappresenta una dimensione collettiva, deve far ricorso alla expertise, deve saper far uso dell’immagine e non solo dell’analisi razionale, deve possedere l’arte di individuare i problemi, diagnosticarli e proporre soluzioni adeguate, e, infine, intervenire tempestivamente. In un contesto come quello attuale segnato da interessi egoistici delle persone e dall’unilateralismo degli Stati, la leadership si deve configurare come un servizio dinamico, capace di orientare verso competenze, conoscenze e discernimento: sul piano interno verso persone, comunità e istituzioni; in una dimensione più ampia come quella internazionale verso la «casa comune». Così la nobile figura dell’international civil servant, che era stata evocata negli interventi dei responsabili degli Organismi internazionali, assume concretezza e spessore. Si comprende, così, più profondamente la difficoltà e la grandezza del suo compito, in cui leadership, in ultima analisi, significa servizio.


LE SFIDE DELLA REGIONE PANAMAZZONICA:

COOPERAZIONE NECESSARIA TRA GLI

ORGANISMI INTERNAZIONALI E LA CHIESA

CATTOLICA E LEADERSHIP ETICA

Pedro Ricardo Barreto Jimeno

Fratelli e sorelle, distinte Autorità. Buonasera!

Desidero toccare tre punti, che esprimono anche ciò su cui stiamo riflettendo nel Sinodo a partire dai popoli indigeni amazzonici.

In primo luogo, le voci dell’Amazzonia. Le sfide della Regione Amazzonica esigono una cooperazione necessaria tra le Organizzazioni internazionali e la Chiesa cattolica perché viviamo in un’emergenza locale, regionale e globale. La mia intenzione, in questo intervento, non è di fare una lezione scientifica o accademica sulla situazione della Panamazzonia, – questo lo hanno fatto altri, e in maniera magistrale – desidero solamente evidenziare la situazione di urgenza che si sperimenta in questi territori socioculturali e che coinvolge i governi, le loro istituzioni tutelari, la stessa Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose, per rispondere a questa problematica socio-ambientale, ciascuno per la sua visione e responsabilità specifica. Per questo sono necessari l’ascolto, il discernimento e l’azione consensuale e congiunta di tutti gli attori sociali, per ascoltare il grido dei poveri e dei popoli, che è allo stesso tempo il grido della Madre Terra. Ascoltare il grido della nostra «Casa comune» presenta alcuni aspetti che tutti conosciamo. Io desidero solamente evidenziarne alcuni: la contaminazione e il degrado socio ambientale, la distruzione degli equilibri climatici, la crescente perdita della biodiversità, che sono conseguenza dell’attuale sistema tecnocratico. Come ha detto Papa Francesco nella riunione dei Movimenti Popolari a Santa Cruz de la Sierra: «Questo sistema non ce la fa più». Queste sono ragioni, tra le molte altre, per sensibilizzare e mobilitare i principali attori che costituiscono la società, come la FAO, l’IFAD, la Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose, e tutte le persone che, come scrive Papa Francesco nella Laudato si’: «abitano nella nostra Casa comune».

Dobbiamo al tempo stesso ascoltare il grido dei poveri, che si manifesta in domande vitali per la sopravvivenza dell’umanità e che in modo speciale colpisce coloro che stanno al margine, gli scartati, quelli che vivono nella «periferia» e specialmente in Amazzonia. Sentiamo alcuni segni di questo grido dei poveri nella poca o nessuna disponibilità di acqua potabile, e anche nella carenza di acqua nel mondo per lo scioglimento dei ghiacciai, in conseguenza al cambiamento climatico. Vi sono anche l’insicurezza alimentare e la limitazione della produttività agricola, il diffondersi di malattie nelle persone e negli animali, l’instabilità politica dei nostri Paesi amazzonici, i flussi migratori causati dai problemi socio-ambientali e politici. Davanti a questa drammatica situazione, che riguarda principalmente la Regione Amazzonica, è urgente una stretta collaborazione tra le istituzioni e le Chiese, per cercare una soluzione integrale e in questo modo salvare la vita e frenare un’inevitabile estinzione biologica del nostro Pianeta, come suggerisce la Lettera Enciclica Laudato Si’ del nostro «amato fratello Francesco», così chiamato dai fratelli e sorelle indigeni amazzonici.

In secondo luogo: l’urgenza di formare leader etici, per guidare e difendere la vita nella nostra «Casa comune». Il contributo della Chiesa cattolica, la collaborazione inter-istituzionale e il dialogo interreligioso, possiedono radici etiche che permettono di cercare un nuovo modello di sviluppo umano integrale, alternativo all’attuale. In accordo con Papa Francesco, affermiamo che «tutto è connesso», in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nei nostri Paesi, nei nostri continenti e nella nostra «Casa comune». Nel corso del Sinodo, abbiamo evocato qui a Roma il cammino della croce di Cristo nei popoli originari dell’Amazzonia. Abbiamo ricordato i tanti e le tante martiri di ieri e di oggi, conosciuti e dimenticati, ma soprattutto quelli che attualmente vivono e accompagnano la vita di donne e uomini minacciati. Il filo conduttore di questa riflessione è il cammino di «rivelazione» iniziato dal Concilio Vaticano II e che ci ha illuminato attraverso San Giovanni XXIII, San Paolo VI, San Giovanni Paolo II e il Papa emerito Benedetto XVI. In questo passaggio attraverso il tempo e lo spazio, l’acqua, simbolo della vita, scorre abbondante nel Rio delle Amazzoni e anche nella Chiesa, grazie a Cristo: «Io sono l’acqua viva che zampilla per la vita eterna». Il Rio delle Amazzoni raccoglie piccoli e grandi affluenti, così noi andiamo verso la foce per espandere senza limiti gli orizzonti di vita piena che ci offre Gesù. Siamo riuniti come Chiesa, popolo di Dio, in questo cammino sinodale, in comunione con il successore dell’apostolo Pietro, Papa Francesco, e con i nostri fratelli e sorelle, vescovi e anche con i membri dei popoli originari dell’Amazzonia.

Terzo e ultimo punto: valorizzare la cultura come azione dinamica della saggezza ancestrale dei popoli originari. Al termine di questo incontro assisteremo a uno splendido concerto musicale, un segno della cultura indigena originaria della popolazione di Sant’Ignazio de Moxos, in Bolivia. Per questo, nello spirito di San Francesco d’Assisi, che è un mistico e un pellegrino che viveva in semplicità in una meravigliosa armonia con Dio, con noi, con la natura e con se stesso, dobbiamo riaffermare quanto il Santo Padre Francesco disse lo scorso febbraio nell’incontro con l’IFAD (Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo): «Sempre, la centralità della persona umana! Ricordando che i nuovi processi che si vanno sviluppando, non sempre possono essere incorporati in schemi stabiliti dall’esterno, ma devono partire dalla stessa cultura locale».

Concludo dicendo che la speranza ci invita a riconoscere che c’è sempre una via d’uscita, che possiamo sempre riorientare il cammino, che possiamo fare sempre qualcos’altro per risolvere i problemi vitali dell’umanità. E – come Papa Francesco – diciamo che le nostre lotte e le nostre preoccupazioni per questo Pianeta non ci devono rubare la gioia e l’allegria della speranza! Grazie!