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Breve Storia Della Cina
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Breve Storia Della Cina

Regni Combattenti

Sebbene la divisione di questo periodo in due epoche diverse possa essere in qualche modo arbitraria, poiché la vita politica della Cina è governata durante entrambi dagli stessi attori, un imperatore con un ruolo rituale sempre meno importante, e i quattro stati citati e i loro eredi in costante lotta per il potere; le trasformazioni sociali iniziate negli anni precedenti hanno configurato una società completamente diversa durante i Regni Combattenti.

Come abbiamo detto, in questo periodo i re Zhou continuano a mantenere il loro mandato nominale da Luoyang, ma tra gli stati egemonici si intensificano i conflitti per il potere, che culmineranno nell’unificazione della Cina sotto i Qin nell’anno 221 a. C.

Il primo fenomeno che caratterizza questi anni è il disprezzo per le cerimonie e i riti in generale, che in qualche modo aveva governato le relazioni tra gli stati sin dalla fondazione della dinastia Zhou. Questo si manifesta in vari modi. Da un lato, il re Zhou sta perdendo importanza religiosa e rituale fino a quando non diventa una figura meramente decorativa. D’altra parte, i duchi degli stati più potenti vedono la loro autorità messa in discussione dalle nobili famiglie che sono gradualmente salite al potere nella sua ombra; alcuni perderanno la corona per i nuovi sovrani che presto oseranno usare apertamente il titolo di re (wang), finora riservato al re degli Zhou, usato nelle pagine precedenti solo per facilitare la comprensione delle complesse relazioni tra gli stati.

Lo stato di Jin è probabilmente quello che per primo e più tempo soffre delle lotte di potere tra le famiglie nobili. La tregua concordata nel VI secolo con il suo principale nemico, lo stato Chu, è stata creata appositamente perché si possano ristabilire gli equilibri interni, già alterati da queste diatribe. La concentrazione del potere nelle mani di tre grandi famiglie fa sì che dai primi anni del V secolo il duca di Jin sia solo una figura simbolica. Il territorio di Jin è effettivamente diviso in tre regni, Wei, Han e Zhao, il cui territorio corrisponde approssimativamente alle province di Shanxi, Henan e Hebei, rispettivamente. Tuttavia, questa divisione non sarà formalizzata fino al 403 a.C.

Anche nello stato di Qi assistiamo a lotte di potere tra le famiglie nobili. In effetti, per la maggior parte del VI e del V secolo, è la famiglia Tian che domina il panorama politico, manipolando i duchi di Qi a loro piacimento. Nel 391 a. C. la famiglia Tian prese apertamente il potere. Nel 378 a.C. furono chiamati re e la sua capitale divenne una delle città più vivaci della Cina. Da quell’anno, anche i capi degli altri stati prenderanno il titolo di re. Né il Qin né gli stati Shu sperimentano disturbi drammatici. Però, continuano la loro espansione territoriale verso le regioni della popolazione non cinese, rispettivamente a ovest e a sud. Questi regni insieme a quello di Yan, che ha continuato a crescere a spese della popolazione coreana e manchu a nord di Pechino, si sono spartiti il potere dal V secolo in poi. I piccoli stati centrali, governati dai discendenti della famiglia imperiale, Song, Wei, Lu, Zheng, scompaiono uno dopo l’altro, inglobati dai più potenti, lasciando così solo sette stati sul tabellone. Così vediamo che nell’anno 375 a. C. Han distrugge lo stato di Zheng. Gli Yue furono sconfitti e annessi da Chu nel 344 a.C., che ingloba anche Lu nel 249 a. C., mentre Qi aveva conquistato Song nel 286 a. C. Infine, nel 256 a. C., i Qin distrussero l’ultimo imperatore marionetta degli Zhou.

Il regno di Zhongshan

Gli ultimi barbari all’interno del confine cinese finiranno per fondersi con la grande corrente del mondo cinese. I popoli che erano rimasti ai margini per vivere nelle foreste, montagne e paludi, o che si erano rifiutati di integrarsi nel mondo rituale e culturale cinese, furono conquistati e assorbiti. Uno dei casi più interessanti è il regno di Zhongshan, nella provincia di Hebei, a sud dell’attuale Pechino. Fondato nel 414 a. C. dal re Wu dalla minoranza nomade chiamata Di e situata a nord del paese, riflette i tentativi di un popolo nomade di adattarsi ai tempi che cambiano. Fu distrutto nel 409 a. C. da un attacco dei Wei. Sarà ripristinato pochi anni dopo da una nuova dinastia reale, raggiungendo un certo sviluppo, specialmente nel campo della metallurgia, come dimostrano i ricchi tesori trovati nelle loro tombe reali, prima di scomparire per sempre di fronte a un attacco congiunto di Zhao, Yan e Qi. Quello che rimarrà delle sue popolazioni è che li caratterizzerà, è una certa specializzazione nelle arti. Non è insolito infatti, che in questo gran assoggettare di popolazioni, sia violentemente che per influsso culturale, ognuna di queste lasci un piccolo segno nella cultura cinese; e spesso si tratta di alcuna peculiarità in qualche arte. Questi secoli rappresentano un gran sviluppo economico sociale e commerciale, così come tecnologico, scientifico e filosofico. Il miglioramento dell’irrigazione e delle tecniche agricole con l’uso di strumenti di ferro, aratri, fertilizzanti e l’aumento della tecnica di rotazione della terra porta a una produzione più elevata. L’aumento della ricchezza nelle campagne porta allo sviluppo del commercio e della popolazione delle città, che diventano centri artigianali, industriali e commerciali. Tra questi, il commercio è in aumento. Per facilitarne lo sviluppo, le strade vengono migliorate e compaiono le prime monete. Vengono eseguiti grandi lavori di irrigazione, il che aumenta la potenza dei re, in grado di organizzare questi lavori di costruzione e colonizzare le nuove terre con i loro sudditi. Anche le guerre subiscono una radicale trasformazione. Non sono più battaglie tra cavaglieri, che durano un tempo limitato e con poche vittime, ma bensì guerre totali ove tutti partecipano e gli eserciti sono ben finanziati dalle nuove ricchezze dei governanti; capaci di rimanere in battaglia per tempi prolungati. Non è casuale che in questo periodo si delinei la figura dello stratega, un’intellettuale specializzato nelle strategie di guerra. Nel V secolo il carro da guerra viene sostituito dalla cavalleria, a imitazione dei turchi, che agevolano gli spostamenti. Insieme alla cavalleria c’è l’infanteria che usa armi di ferro e balestre. La guerra totale porta ad un aumento del potere dello stato, che impone tasse ai contadini e, quando sono necessari, vengono arruolati e mandati in guerra; provoca anche una caduta della classe aristocratica che sempre più sovente viene sostituita dai letterati che governano nel nome dello stato. Di fatto la presenza della figura del re ha particolare importanza per i letterati, gli stateghi e i filosofi. Sorgono infatti numerose scuole di filosofia che sono in competizione tra di loro per dimostrare i loro fondamenti nella società. Si chiameranno le Cento Scuole: qualcuna si decanta per problemi logici, altre prendono campo nella dialettica ed ontologia. Le più conosciute sono, senza dubbio, quelle che si interessarono per i problemi politici.

Il Moismo, la scuola del maestro Mozi

Si chiamano moisti i discepoli e seguaci di Mozi, la qual politica si può brevemente descrivere come la politica dell’amore universale. In generale, credono nella bontà naturale dell’uomo e nella necessità di trattare al prossimo come desideriamo essere trattati. Il governo deve concentrarsi nell’agire in positivo verso il popolo, da qui un progressivo aumento di ricchezza per tutti. Ovviamente il peggior danno alla società sono le azioni di guerra. I moisti sono convinti pacifisti, che spesso si trasformano in esperti strateghi della difesa nella speranza di far abbandonare al nemico i loro piani di battaglia. Attaccano l’ostento dei nobili, la frivolezza e le grandi cerimonie dove vengono dilapidate le ricchezze pubbliche. Applicando il concetto di utilità per seguire i mandati del cielo, finiranno per fondare una religione del paradiso, fuori dallo stato, con i suoi monaci e i suoi riti. Religione che scomparirà con l’unificazione degli Han e che forse costituisce la base ecclesiastica del taoismo religioso, che fu fondata in quel momento.

La scuola dei Legalisti

Shang Yang e Han Fei sono filosofi che appartengono alla scuola legalista. Negano le teorie di Confucio, specialmente l’idealizzazione che fa delle leggende del passato. I tempi attuali sono meglio del passato. Sostengono che l’uomo è un lupo tra gli uomini. Solo dove hai timore al castigo non si osa violare le leggi. Per questo motivo propongono una legge rigorosa ed uguale per tutti, con la quale pretendono porre a termine i privilegi dei nobili ed animare il popolo al comportamento corretto. Il suo obiettivo finale è raggiungere la grandezza dello stato da cui arriva il benessere del popolo, anche se le stesse popolazioni debbano sacrificarsi nel processo. Gli uomini saggi non sono necessari per gestire il paese, le leggi sagge sono sufficienti, perché in essi tutti i rapporti sono perfettamente definiti con l’oggettività che non consente interpretazioni personali.

Entrambi i filosofi erano al servizio di Qin, entrambi aiutarono a realizzare la trasformazione che finirà per dare a Qin il dominio della Cina. Se Shang Yang ha una visione pratica della politica che gli consente di realizzare una piccola rivoluzione che pone fine ai privilegi dell’aristocrazia, facendo dei contadini la base dello stato; Han Fei, nel suo libro Hanfeizi, sviluppa le basi teoriche di questa scuola filosofica come nessun altro.

La scuola confuciana

Mencio è uno dei suoi massimi esponenti, cerca di dare una visione pratica agli insegnamenti di Confucio. Secondo lui, il sovrano con il suo esempio e la sua saggezza, sarà in grado di far avanzare il suo popolo. Il punto centrale dei suoi insegnamenti è la benevolenza. L’azione dello stato non dovrebbe essere diretta ad aumentare il proprio potere o quello del re, ma a generare un maggiore benessere per il popolo. A questo proposito, giustifica la dittatura a beneficio del popolo, ma giustifica anche il regicidio quando il sovrano ingiusto non ascolta gli avvertimenti dei suoi ministri. La società è chiaramente divisa tra coloro che governano e quelli che sono governati. Uno dei filosofi confuciani meno conosciuti in Occidente è Xunzi, sebbene le sue teorie siano molto interessanti. In alcuni punti, segue le dottrine di Confucio, ma va oltre e solleva già il concetto di “contratto sociale”, poiché secondo lui la società emerge come il prodotto di un patto tra uomini, che accettano di appartenerle nella posizione che corrisponde per i benefici derivati dalla sua vita nella società.

In questo modo, giustifica le classi sociali, nonché l’esistenza di riti e leggi intese a regolare la vita nella società.

Zhuangzi da parte sua è il più grande esponente della scuola taoista e uno dei migliori scrittori della storia cinese. Proprio come Lao Zi in precedenza, propone una deviazione dalla politica e un approccio alla natura. La realtà è completamente soggettiva e l’uomo deve allontanarsi dai fantasmi del potere per tornare alla vita semplice secondo le leggi della natura. Il suo linguaggio, pieno di metafore, crea un’opera magnifica, attraverso la quale mostra al lettore la realtà che si trova oltre le parole. Le diverse teorie politiche ed economiche segnano le tappe di un nuovo sviluppo economico, amministrativo e sociale. Alla ricerca del modo per ottenere l’integrazione più adatta dei propri soggetti sotto la propria bandiera e il proprio controllo, ogni stato avvia diverse riforme. Nello stato di Jin, vengono create le amministrazioni militari che, dipendendo direttamente dal re, rafforzano il loro potere a danno dei nobili. Quasi contemporaneamente, nel regno di Chu viene lanciata un’amministrazione civile fondata per la prima volta su una divisione amministrativa ai margini dei nobili. Anni dopo, Qin unirà entrambi i sistemi e, aggiungendo un elemento di controllo, raggiungerà l'amministrazione più efficace. I regni di Qin e Chu, i più barbari e grandi, con più terra da conquistare e allo stesso tempo meno legati alla tradizione, progrediscono in questa Cina che brulica di idee. La loro rivalità segnerà presto la storia di quest’epoca. Chu continua ad estendere il suo confine a sud, entrando in contatto con popoli di diverse culture. Qin, nel frattempo, si dirige ad ovest. Tra loro ci sono i due regni che esistevano nell’attuale provincia del Sichuan: il Ba e lo Shu.

Sichuan entra nella storia: i regni di Shu e Ba

Il regno di Shu e quello di Ba erano due regni rivali che dominavano l’area centrale dell’attuale provincia del Sichuan, con le loro capitali rispettivamente nei pressi di Chengdu e Chongqing. Sia lo Shu che il Ba e lo Yi, più a sud, consideravano la tigre, invece del drago, come il loro animale totemico. Sebbene Ba e Shu presentassero numerose caratteristiche comuni, mantennero una inimicizia continua. Lo Yi, sicuramente, ebbe origine da un ramo dello Shu emigrato a sud nel IV secolo a.C., erano anche in guerra perpetua contro il Ba. Incisi nei suoi bronzi ritroviamo ricordi di battaglie, prigionieri ridotti in schiavitù e altri decapitati. Mentre lo Shu e il Ba caddero sotto il dominio di Qin, lo Yi, in una regione montuosa a bassa produzione agricola, più a sud, evitò la conquista e, di fatto, mantenne la propria indipendenza nelle loro aspre montagne fino alla metà del XX secolo. Il regno di Shu, che occupava il territorio vicino alla città di Chengdu, è probabilmente l’erede della misteriosa civiltà di Sanxingdui, che si concluse nel 900. Alcuni autori sostengono che il regno di Shu avesse già mantenuto rapporti con il centro della Cina fin dai tempi antichi, poiché il loro nome è menzionato nelle ossa degli indovini della dinastia Shang, così come nella coalizione di popoli che portarono il re Wu a stabilire la dinastia Zhou. Altri pensano che troppo lontano dalla Cina centrale, un altro regno con lo stesso nome potrebbe essere esistito nelle regioni centrali. È chiaro che sia il Ba che lo Shu mantennero una certa relazione con il Chu, che nella loro espansione attraverso il sud aveva raggiunto i loro confini.

Il regno di Ba si formò intorno all’anno 1000. Dalla sua capitale a Chongqing si estese attraverso il bacino dello Yangtze, avendo acquisito una certa padronanza delle opere in bronzo. Sviluppò la navigazione fluviale. Nei loro rituali funebri posizionavano i defunti sulle scogliere o li lasciavano nelle barche sul fiume. Le relazioni mantenute con il regno dei Chu risalgono a diversi secoli prima, quando si registrarono numerosi scontri bellici tra i due. La pace era stata finalmente raggiunta attraverso alleanze matrimoniali e con l’aiuto dello stato Chu, venuto in loro aiuto in diverse occasioni. Sia Ba che Shu finirono per diventare un campo di battaglia tra Chu e Qin, che videro nella loro conquista l’opportunità di respingere il nemico. Alla fine, estinti da questi ultimi, alcuni dei loro costumi si riflettono ancora nelle minoranze etniche nell’area.

Il regno di Yelang

Un pó più a sud del territorio del Ba c’erano una serie di città con meno sviluppo politico. Si erano organizzate intorno a dieci confederazioni tribali, di cui la più potente era Yelang, che occupava l’attuale provincia di Guizhou. Questa alleanza di tribù, stabilita nel VII secolo a.C., condivideva alcune caratteristiche culturali con il Ba. Avevano raggiunto un grande sviluppo nella metallurgia del bronzo. Seppellirono i loro morti con la testa in un vaso di bronzo. Vivendo in terre montuose di minor valore strategico, più distanti e poco produttive, sfuggendo così agli attacchi del Qin. Saranno però vittime degli attacchi dei Chu, che inviano spedizioni nel sud-ovest della Cina per evitare di essere circondati dai Qin. Gli Yelang, tuttavia, non saranno sconfitti e continueranno a possedere la loro terra fino all’anno 26 d.C., quando gli eserciti Han imporranno il loro dominio. I suoi discendenti formeranno successivamente varie minoranze nella Cina meridionale.

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