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Come Una Preghiera
Come Una Preghiera
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Come Una Preghiera


Ancora pi? sotto c’? quello che nell’arte viene chiamato inferno musicale, perchе vi si usano degli strumenti musicali come oggetto di tortura. E’ un’immagine che troviamo spesso nei cosiddetti pittori mistici. Vedi, questa ? la cornamusa, qui c’? il liuto, ed ecco l'arpa. E in fondo, se riesci a vederlo, c’? un piccolo flauto…”

Mi chiedo se l'inferno sia davvero cos?. Dalla finestra noto che si ? fatta sera.

“Bene, —continua lui— la disperazione e il martirio sono sicuramente ben rappresentati dall'artista, o meglio, dal pittore che ha copiato cos? mirabilmente il quadro originale, interpretandolo a modo proprio”.

Gli chiedo come vede l'inferno lui, sulla base di ci? che dicono le Sacre Scritture. Ma non risponde. Sembra essere immerso in un mondo proprio che in questo momento non capisco. Forse si sta chiedendo anche lui come sia davvero l'inferno.

“La Bibbia parla dell’inferno come un luogo di eterna sofferenza, in cui le anime verranno gettate nei laghi di zolfo. ? cos? che il pittore lo raffigura sulla parte superiore del quadro. In effetti, anche il Cristo ne parla spesso nei Vangeli come il fuoco che non si spegne mai, in cui c’? lamento e digrignare dei denti, e lo cita come punizione senza fine”.

Parla senza guardarmi, come se stesse discutendo con se stesso.

“Per secoli, il fuoco e il ghiaccio, cio? il caldo insopportabile e il freddo glaciale, sono stati considerati come la tortura pi? atroce e pi? adatta ad una sofferenza eterna. Un grande poeta dell'antichit? immagina un girone infernale come la solita pioggia di fuoco ma, in un girone pi? in basso, quello dei traditori, addirittura come un’ enorme distesa di ghiacci eterni. Lucifero, che ? il sovrano di questo luogo di perdizione, ? egli stesso prigioniero del ghiaccio e da l? piange e si dispera con i suoi sei occhi e le sue sei ali di pipistrello”.

Immagino un inferno di ghiaccio. L'Ade sarebbe un paradiso al confronto. Una tortura senza fine nel torpore perenne. Ma ci? che il mio corpo non riesce a tollerare, ora, ? questo caldo. Un intenso calore che m’investe mentre sto qui ad ascoltare gli insegnamenti di padre Misael, e che cresce e mi opprime allo stretto contatto col suo corpo. Lo ringrazio per le sue parole illuminanti. Gli dico che non ho pi? intenzione di disturbarlo con le mie sciocche domande. Gli chiedo di benedirmi e lui mi accontenta con ardore, stampandomi un bacio casto sulla bocca.

*

Abbiamo deciso di mangiare del pane, io ho del vino e lui ha una bottiglia di succo di frutta. A tavola chiacchieriamo su argomenti di particolare interesse per lui. Guardo i suoi occhi e mentre gli spiego certe verit? teologiche sullo Spirito Santo, gli sfioro il dorso della mano. Lui si volta a guardarmi ed io arrossisco di botto. Gli accarezzo le guance e lo bacio di nuovo, ma questa volta in bocca.

*

L'orrendo bacio che delimiter? la soglia del peccato e la discesa nei meandri infernali.

*

Sono nella sua stanza e lui mi mostra un pigiama beige. Mi dice che sono adatto a servire un rappresentante di Dio nel mondo, e che d'ora in poi sar? il mio maestro spirituale. Mi spiega che l'abito talare ? l'unico abito sacro che l'essere umano possa indossare. La mia nuova mansione sar? quella di aiutarlo a spogliarsi e a indossare il pigiama. Trovo che sia un compito facile e accetto di servire il sacerdote, un Unto del Signore.

*

Le sue mani scivolano lentamente lungo le mie cosce. Mi sento caldo, rinfrescato, eppure cos? eccitato e ricettivo. Contengo un gemito. Mi sento vivo quando sento il suo respiro nell'area delle mie mutande, vivo nella trepidazione dei miei capelli che ondeggiano attratti dall'ondata di fascino che emana dalla sua pelle che tocca la mia, con le sue caste e rosee dita. Ora ? il mio petto a sentirsene grato, si rallegra per un piacere di cui mi ? proibito godere, in questo mondo. I peli mi si drizzano. Sono totalmente paralizzato dal piacere del suo tocco. Ammaliato dal contatto con la sua pelle immacolata. Le pieghe della mia camicia vibrano lievemente, quando me la sbottona con calma. Urlo dentro di me, ma non mi ascolta. Sembra che abbia iniziato a tormentarmi come fa il carnefice con la sua vittima, impedendole di fuggire. Percepisco questi attimi della mia esistenza come se fossero vitali. Lo abbraccio e lo tengo stretto cos? a lungo, che non saprei dire quanto.

Ma poi io stesso mi stacco da lui, con una furia che non riesco a controllare. Una vampata di vergogna brucia il mio corpo. Come se niente fosse, lui s’inginocchia davanti a me e mi chiede di benedirlo. Gli poso un bacio sui suoi folti capelli. Intuisco che la mia anima non avr? mai pace finchе non permetter? al mio corpo di soddisfarsi, e che il mio corpo non riuscir? mai a godere se l’anima continuer? a vietarglielo. Non ce la faccio pi? e cedo alla dolce tortura del piacere solitario. Poi annego nel vuoto. Prego tutta la mattina per la salvezza della mia anima.

*

Il sacerdote accetta la sconfitta della sua anima, si ? rassegnato e si affida alla volont? di Dio. Si prostra sul pavimento di piastrelle fresche e prega, con la faccia per terra.

“Padre mio, se puoi allontana da me questo calice! Tuttavia, sia fatta non la mia, ma la tua volont?”.

Confortato dal pensiero di non avere responsabilit? reali nel suo tormento interiore, padre Misael cerca di riposare, ma non riesce a dormire. Guarda fuori dalla finestra e finalmente sente la brezza che colpisce il suo viso e placa il fuoco che gli brucia dentro.

Il giovane ? entrato in un sonno profondo e, dietro di lui, arriva l’orrore dell'incubo che non lo abbandona. Questa volta cerca, nonostante la sua fragilit?, di sfuggire ai rantoli della bestia ciclopica che ? a un passo dal raggiungerlo con le zanne bavose. Ma conosce gi? l’inevitabile finale della storia. Il suo sudore sar? una goccia di sangue che cadr? sulla terra. L’ondata di calore che si diffonde improvvisamente nell’aria non riuscir? a scaldare il suo corpo freddo.

Sappiamo tutti che Dio, essendo spirito e il pi? supremo di tutti, non prova tormento. Almeno non come questo miserabile uomo, non come questo povero giovane che soffre le pene di un inferno che non brama nemmeno. ? ora di dormire, padre, riposa, che domani il mondo porter? nuove tribolazioni. Dio non comprende il peso delle prove che invia.

Le spalle di padre Misael si piegano sotto l’enorme macigno delle sue tribolazioni. Esausto, crolla sul letto e chiude gli occhi. L'incubo del coltello e delle orecchie riemerger? ben presto dal suo mai sopito senso di colpa.

VENERDI

Dolce e amaro

…dacci oggi il nostro pane quotidiano…

PRIMA STAZIONE

La bocca si apre in un enorme sbadiglio che termina in un grido gutturale. La lingua sporca e pesante lo costringe a deglutire per l’amaro che si sente in bocca, come tutte le mattine. Ricorda il tormento della notte precedente. Non era la prima volta che emulava l'antica pratica di Onan, ma era convinto di essersi allontanato dal peccato, e fortificato con quei lunghi giorni di espiazione e penitenza. Tuttavia, il bisogno fisiologico si ? incarnato in una folle smania di godimento che la sua anima non ? disposta ad accettare. E da l? si origina la sua condanna. Il suo corpo si sente sporco, la sua anima ? contaminata, odia il cavallo dei suoi calzoni. Le sue mani sono macchiate di sperma e lui osserva con disgusto l’alone appiccicoso che vi ? sopra. Si butta gi? dal letto e corre a lavarsele con un’enorme quantit? di sapone. E mentre lo fa, prega.

*

SECONDA STAZIONE

Perdonami, amato Padre, se i miei peccati sono cos? grandi: la tua clemenza ? infinita. Accogli la mia preghiera, non allontanarmi da te. Cerco davvero di sopportare, Padre, questo peso che grava sulle mie spalle e che mi opprime. Aiutami a restare in piedi, non lasciare che i miei passi si confondano, non permettere che la mia anima affoghi nel peccato. Proteggimi, Signore. Sii la mia guida. Aiutami a rimanere saldo nella tua Parola.

*

TERZA STAZIONE

? bello, in effetti, percepire il rispetto degli altri nei confronti di un rappresentante di Dio sulla terra. Queste donne hanno colmato con successo la mia assenza nei preparativi della Celebrazione e oggi sono stato testimone di una rappresentazione completa della Via Crucis, interpretata goffamente dai nostri ragazzi. Che comunque sono stati bravi. Soprattutto quello che ha interpretato la parte che avrei dovuto interpretare io, trasmutato nell'uomo ferito e seminudo appeso sulla croce. Un torbido impulso mi spinge ad soffermarmi su quelle gambe bianche e tese, sui piedi che si flettono in maniera provocatoria, su quello strano rigonfiamento dei suoi lombi che scatena nella mia mente un’immagine perversa, che cerco di strappare da me con l’arma della preghiera. Sento una parte di me risvegliarsi. Che il Cielo perdoni la fragilit? del mio corpo!


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