Книга Storey - читать онлайн бесплатно, автор Keith Dixon. Cтраница 2
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Storey
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Storey

Piegò lo schermo verso di sé. ‘Non posso dirti molto perché è ancora in fase di sviluppo. Sto facendo ricerca, parlando con le persone.’

‘Dammi un indizio, così non mi offendo.’

Lei esitò, poi disse, ‘Si tratta di corruzione nell’amministrazione locale. Non posso dire di più.’

‘Ce n’è molta a Coventry?’

‘Non lo so ancora. Per questo sto facendo ricerca.’

‘Conosci persone con cui poter parlare, persone con cui spettegolare? È quello che fai?’

Lei pensò che la sua curiosità era reale, ma non avrebbe ottenuto nulla di buono a lasciargli superare il limite. Ancora non sapeva niente di lui o di cosa volesse. Era bello che lui trovasse interessante parlare con lei, ma aveva troppo da fare e troppa carne al fuoco.

Disse, ‘Come dicevo, non posso parlarne. E non te lo direi nemmeno se potessi. Non ho idea di chi tu sia.’ Fece una pausa, poi disse, ‘Cosa intendevi quando mi hai detto che volevi vivere un giorno alla volta?’

Lui alzò le spalle. ‘Non prenderla seriamente. Sono un commediante. Dico un sacco di cose senza senso.’

‘Non ti credo. Penso che tu sia molto serio.’ Ora si stava infuriando, perché lui non stava prendendo lei sul serio, disse, ‘Ok, questo mi ha fatto arrabbiare. Allora puoi lasciarmi da sola?’

‘Ero qui prima di te.’ Non si arrese.

‘Ho bisogno del tavolo per lavorare. E poi, hai quasi finito il tuo caffè.’

Il suo volto si spense, spinse la sedia indietro e si alzò. Alla fine aveva vinto lei.

Disse, ‘Resterò nei paraggi.’

‘Non temporeggiare per me’.

‘Temporeggiare?’

‘Aspetta un attimo. Resta. Rimani dove non sei desiderato.’

‘Oh, sì, sei una scrittrice. Capisco.’

Raccolse la sua tazza di caffè, diede un’occhiata in giro nella stanza affollata e camminò fino a una sedia libera nell’angolo in fondo, vicino ai bagni. Lei notò di nuovo le larghe spalle e i fianchi stretti, una bella sagoma. Magari lo avrebbe intrattenuto un’altra volta, quando sarebbe stata meno occupata.

O forse no.

PAUL SI CHIESE cosa stesse facendo con questa donna. Lei gli aveva fatto una semplice domanda qualche giorno prima e lui si era lasciato sfuggire cosa pensava: come poteva andare oltre, cancellare tutto? Non era nello stato mentale adatto per uscire con qualcuno ancora, ma lei aveva già creato una curiosità che non riusciva a togliersi. Seduta là, ticchettando alla tastiera, guardando fuori dalla vetrina, rifiutandosi di dare un’occhiata nella sua direzione, le sue gambe sotto al tavolo incrociate alle caviglie.

Notò che anche altri ragazzi la guardavano – per lo più studenti che avevano colonizzato il luogo, seduti avvolti nei loro montgomery, fissando il telefonino o parlando con altri vestiti esattamente come loro a parte le sciarpe di diverso colore che indossavano. Lei era una cosa a parte. Creava una sorta di aura intorno a sé, un’autosufficienza che parte di lui voleva scalfire.

Era interessante … ed era falsa.

Non riusciva a spiegare come lo sapesse, ma capiva che lei stava fingendo di essere qualcosa che non era. Ti guardava di traverso, come se non potesse rischiare uno sguardo diretto, come se potesse rivelare troppo. Quando parlava, ti attaccava, tenendoti a distanza, tagliando ogni possibilità di amicizia.

Ma poi lui l’aveva guardata. Forse era sinceramente spaventata da lui, di cosa avrebbe potuto fare.

Da non credere, pensò. Cosa avrò mai fatto per spaventare la gente, a parte fargli saltare le cervella?

ORA UN UOMO camminò verso di lei. Aveva attraversato la porta di vetro e l’aveva vista subito. Non un omone, ma si atteggiava come se sapesse il fatto suo. Aveva una barba folta per lo più rossa, sebbene i suoi capelli fossero neri e lasciati crescere in giù a coprire la sommità delle orecchie. Indossava una giacca di pelle nera e jeans sdruciti. Aveva un corpo robusto sotto la giacca, e una certa andatura, che fece pensare a Paul che fosse uno allenato. Non appena giunse al tavolo della donna si guardò intorno, incrociò lo sguardo di Paul per un momento, poi avanzò. A Paul sembrò che avesse quella tensione scattosa di chi ha il sospetto di essere attaccato, magari di sorpresa, qualcuno preoccupato del suo stato.

Gli piaceva pensare di avere un talento nell’analizzare le persone e il loro comportamento. Ma alla fine, pensò, chi non ce l’ha?

Quando l’uomo arrivò di fronte a lei, lei smise di scrivere al computer e guardò in su, appoggiandosi allo schienale, con l’aria disinvolta, anche se non sorrise. Era qualcuno che conosceva ma che non voleva vedere.

Lei disse qualcosa e Giacca di Pelle si sporse in avanti sul tavolo, appoggiando le nocche ai due lati del suo computer. Lei stese un braccio e chiuse il computer. Lui disse qualcosa in risposta e Paul notò che le parole la colpirono – si aggiustò sulla sedia e le sue caviglie sotto al tavolo si scavallarono.

Ora l’uomo stava puntando un dito contro di lei, sventolandolo, e il borbottio basso della sua voce – che Paul aveva sentito ma non riusciva a distinguere – si fece più calmo. La donna distolse lo sguardo e Giacca di Pelle allungò la mano e toccò la punta del suo naso col dito, premendolo. Lei indietreggiò e disse qualcosa di sgarbato.

Paul si mosse dalla sua sedia e andò verso di loro, avvicinandosi all’uomo di lato. Sentì l’odore della pelle della sua giacca e quello fastidioso di un forte deodorante. La donna lo guardò e corrugò la fronte, ovvero un segnale per Giacca di Pelle di guardarlo.

‘Cos’hai da guardare?’

‘Sono più grosso di te. Non provocare discussioni.’

Allora l’uomo si girò, piegando il suo corpo in modo da trovarsi faccia a faccia con lui. Paul vide che i suoi occhi erano fieri e scuri, spenti nel profondo. Probabilmente aveva la stessa età di Paul, ma le rughe sul suo volto lo facevano sembrare più vecchio di dieci anni.

Giacca di Pelle disse, ‘Vai a sederti in un angolo e faremo finta di non averti mai visto.’

‘Stai mettendo la ragazza a disagio e voglio che tu te ne vada.’

‘Qual è il tuo nome?’

‘Paul Storey. Il tuo?’

‘E’ Levati-Di-Torno.’

‘I tuoi genitori ti hanno regalato un’infanzia felice, non è vero?’

‘E’ un tuo amico, Minty?’ Si era girato a guardare la donna, ancora seduta, con le ciglia aggrottate in un modo che Paul stava cominciando a riconoscere.

Lei disse, ‘Lascialo fuori, Cliff. Ci sentiamo più tardi.’

Cliff. Quello era un nome che non si sentiva spesso oggigiorno, pensò Paul, un nome degli anni Sessanta, ma era felice di avere un nome di riferimento.

Cliff disse, ‘Tu non mi dici cosa devo fare – nessuno di voi. Se voglio entrare qui e parlare con te, lo faccio.’

‘Vai a casa, ti chiamerò.’

Cliff si girò per guardare Storey, date le sue dimensioni, in tutta la sua presenza. Paul non pensò che Cliff fosse intimorito, solo prudente. Probabilmente girava sempre con una banda, gente che lo avrebbe supportato o fatto quello che diceva. Gli aveva dato una tale confidenza che andava in giro come un’arma carica. Paul lo aveva già riscontrato in passato e non gli piaceva. Le persone che controllavano le altre in quel modo spesso avevano problemi a mantenere l’autocontrollo.

Cliff si mosse di nuovo e andò dall’altra parte del tavolo, in piedi accanto alla donna, ridando un’occhiata a Paul. Disse, ‘Non mi piaci. Ma hai dello stomaco. Ci siamo conosciuti da qualche parte?’

‘Ne dubito.’

‘Sì, anch’io. Ma c’è qualcosa in te che riconosco. Mi verrà in mente.’

‘Non ci perdere il sonno.’

‘Oh, non lo farò.’ Si girò e uscì dal bar come aveva detto, senza voltarsi indietro, sempre sicuro di sé.

La donna disse a Paul, ‘Non sederti, non avevo bisogno di un salvatore.’

‘Lo so.’

‘Allora perché ti sei intromesso?’

‘Fa parte della mia natura.’

Lei lo osservò con il primo segno di curiosità che lui avesse visto da parte sua, come se avesse finalmente catturato la sua attenzione.

Lui disse, ‘Sembrava che non volessi parlare con lui.’

‘Lo avevo turbato.’

‘Qualcosa che hai scritto?’

‘Non esattamente. Puoi andare ora, per favore?’

Fece cenno di sì col capo ed era sul punto di andarsene quando gli venne in mente qualcosa. Disse, ‘“Minty?”’

Lei guardò in su. ‘Araminta. Non ti preoccupare – non avrai mai l’occasione di usarlo.’

‘Nome insolito per una scozzese.’

‘Non per questa.’

‘Sei sempre così aggressiva?’

‘Sei sempre così stupido?’

Lui non disse nulla, la osservò mentre lei lo guardava, il suo sguardo sicuro, sapendo che stava cercando di manipolarlo. La stessa cosa che stava facendo lui con lei. Non era sicuro che fosse divertente, ma stava tenendo la sua mente occupata dalle altre cose. Come cosa avrebbe fatto della sua vita.

Senza cambiare la sua espressione, lei disse, ‘Vediamoci più tardi. Per un drink.’

‘Va bene. Dove?’

Lei gli disse il nome di un pub e gli diede l’indirizzo – non conosceva il posto ma conosceva la zona da quando era un bambino.

Lui disse, ‘Ti lascio il mio numero,’ e iniziò a pronunciarlo, poi si fermò per lasciarla prendere il telefono e segnarlo.

Lei lo fissò di nuovo, poi infine prese il suo telefono e annotò il numero. Una volta finito, disse, ‘Non è un appuntamento amoroso. Non ti vestire bene. Non so nemmeno perché lo sto facendo.’

‘Non ci pensare troppo – rovinerebbe un bel momento.’

‘Sarò là dalle otto.’

‘Come ti riconoscerò?’

‘Sarò quella che si fa gli affari suoi. Te l’ho detto, non ti entusiasmare.’

CAPITOLO QUATTRO

IL PUB SI trovava a Ball Hill, a dieci minuti di cammino dal vecchio campo da calcio di Highfield Road. Se la ricordava come una vivace area commerciale con banche e un ufficio postale e negozi di ogni genere. Una biblioteca. Ora metà delle attività erano serrate e la maggioranza dei negozi che erano ancora aperti erano outlet di beneficenza. L’area era ridotta male, più o meno come il resto della città che aveva visto fino ad allora.

Quando entrò vide subito Cliff, seduto a un tavolo rotondo con altri tre uomini, Araminta più lontana, a scrivere su di un largo telefono nero.

Cliff invece lo salutò con la mano, un gran sorriso sul suo volto.

‘Minty ha detto che stavi arrivando. Ha detto che pensavi fosse un appuntamento romantico. Bene eccoci qui.’

Paul disse ‘Niente lingua la prima sera.’

Cliff non ci fece caso, disse, ‘Siediti. Mettiti a tuo agio,’ accennando agli altri al tavolo. ‘Questi sono Dutch, Gary e Tarzan. Lascio a te immaginare chi sia chi.’

‘Non c’è problema, non resto.’

‘Dai, non fare così. Voglio conoscerti. Mi hai preso di sorpresa prima, ma ripensandoci mi è piaciuto quello che hai fatto. Difendere la signorina.’

Araminta sollevò lo sguardo. ‘Ehi.’

Cliff le diede un’occhiata, scrollando le spalle.

‘Non le piace questo. Non le piace essere considerata come una donnetta. Non posso biasimarla. Te la immagini a lavare i piatti, in piedi davanti a un lavandino con il grembiule da cucina?’ Ghignò come se si aspettasse la risposta di Paul, una piccola danza nei suoi occhi, divertendosi a destabilizzare Storey.

Paul diede un’occhiata agli altri uomini. Uno era alto, seppure a sedere, con un viso asciutto e cupo e larghe orecchie. Probabilmente Tarzan, giudicando dalla forza che Paul poteva notare dal suo fisico. Indossava una maglietta sporca sotto a una giacca marrone di velluto che lo faceva sembrare un roadie di una band anni Settanta. L’uomo nel mezzo era biondo e con la carnagione molto pallida, il volto squadrato e le labbra rosa e piene. Aveva il torace robusto, non alto quanto Tarzan, ma nemmeno basso, la capigliatura bionda e la pelle chiara suggerivano che poteva essere Dutch, olandese sia di nome che di nascita.

Il terzo uomo sarebbe Gary, dunque. Il più piccolo di loro e con una luce nervosa negli occhi, come se non avesse ancora visto nulla che gli piacesse. Teneva in mano un sottobicchiere da birra e lo sgualciva e lo piegava fino a strappare lentamente delle strisce sottili, automaticamente, senza guardare, l’abitudine di una vita. La sua maglia verde a collo alto era cosparsa di vernice bianca.

Nessuno di loro aveva più di trent’anni e tutti avevano l’aspetto pallido di uomini che raramente uscivano o camminavano più di mezzo miglio alla settimana.

Paul sospirò. Il tipo di criminali da quattro soldi da cui avrebbe sperato di stare lontano. Come aveva fatto a finire a quel punto di nuovo, a fissare occhi spenti, i cui proprietari conoscevano poco, pensavano meno e non avevano alcun controllo degli impulsi?

E che accidenti ci faceva Araminta con loro?

Cliff lo aveva visto mentre passava il suo sguardo sugli uomini. Ora sollevò il mento, catturando l’attenzione di Paul.

‘Li hai inquadrati?’ chiese. ‘Ora forza, prendi una sedia e chiacchieriamo. Ho idea che tu abbia molto da raccontare a persone come noi. Minty mi dice che lavori nel campo assicurativo. Mi piace. Tutti hanno bisogno di un lavoro. Io ho bisogno di un lavoro. Questi tre geni hanno bisogno di lavoro. Sei l’unico qui che ne abbia uno, quindi puoi raccontaci com’è.’

Paul prese una sedia da un altro tavolo e si sedette, mantenendo la dovuta distanza dagli altri, non volendo far parte della loro cosca.

Disse a Cliff, ‘Ora mi ricordo di te, il nome. Cliff Elliot. Mi ha ingannato la barba. Andavamo nella stessa scuola —Caludon Castle. Eri un paio d’anni più piccolo, ma ti feci una reputazione piuttosto in fretta. Ti vidi ad affrontare qualcuno nel cortile una volta. L’unica volta che vidi qualcuno tirare un pugno vero in una rissa scolastica invece che nel wrestling.’

Cliff si allungò sulla sedia, sorridendo, dando uno sguardo ai suoi compari come per dire, Ve lo avevo detto che ero uno tosto.

‘Storey. Sì, lo avevo detto che ti conoscevo, no? Eri nella squadra di rugby, winger o qualcosa del genere, sempre a metterti alla prova. Non che abbiamo mai vinto nulla. Che topaia che era. Hanno chiuso dieci anni fa, lo sapevi? Ne hanno costruita una nuova, una di quelle Accademie.’

‘Così com’è stata la vita dopo?’

‘Dai, non ti interesso io. Stai solo cercando di scoprire cosa sta succedendo qui.’

‘È sempre bello ritrovare vecchi amici.’

Cliff sorrise e guardò i suoi uomini, facendo un cenno veloce in direzione di Paul.

‘Vedete? È questo che intendo. Forte, no? Avevo ragione, no?’

Paul disse, ‘Ragione riguardo a cosa?’

Cliff si sporse in avanti sul tavolo. ‘Avevo detto a questi falliti che eri qualcuno di cui potevo fidarmi. Lo avevo capito al bar, prima. Non ti eri tirato indietro. Avresti cercato di cacciarmi via se non me ne fossi andato. Non sei un assicuratore più di quanto lo sia io — e io non sono un assicuratore.’

‘Davvero?’

Cliff non lo ascoltò. ‘Che cosa hai fatto quando hai lasciato la scuola? Non ti ho visto in giro nel quartiere, cos’hai combinato?’

Paul esitò, diventando consapevole dello spazio intorno a sé, gli altri bevitori, la musica che arrivava dagli altoparlanti in un’altra stanza. Si accorse che stava parlando a voce alta per essere sentito. Si chiese di nuovo cosa ci facesse lì — aveva così pochi contatti con la gente da avere bisogno di parlare con Cliff e i suoi perdigiorno di seconda mano?

Notò che Araminta aveva finito di usare il telefono e lo stava guardando da dietro un bicchiere di vino rosso. Qual era il suo ruolo in tutto questo? Quando prima gli aveva chiesto di raggiungerla per una bevuta aveva pianificato di invitare anche Cliff? O era una coincidenza che si trovasse lì?

Improvvisamente si sentì stanco e sciocco, e non nelle condizioni da avere a che fare con Cliff e il suo giochetto. Forse era meglio essere sinceri e scoprire le carte.

Ripensandoci, meglio di no.

Disse, ‘Sono stato all’estero, ho girovagato un po’. Ho visto il mondo. Sono tornato a Londra in cerca di un lavoro. E sono entrato nelle assicurazioni.’

‘Dunque perché sei tornato qui?’

‘Motivi personali.’

Cliff sogghignò. ‘La moglie ti ha cacciato?’

‘Non sono sposato.’

‘Quindi … cose di famiglia. Mamma o papà hanno tirato le cuoia.’

Paul non disse nulla.

Cliff disse, ‘Ci ho preso al volo, vero? Sei tornato per sotterrare qualcuno.’

Paul si schiarì la voce.

‘Visto che stiamo parlando dei vecchi tempi, non hai risposto alla mia domanda. Com’è andata la tua carriera sfavillante?’

Cliff allargò le braccia e alzò le spalle. ‘Ho avuto un po’ di problemi con l’autorità, io. Non riesco a tenermi un lavoro. Così mi occupo un po’ di questo e un po' di quello. Io e questi giovanotti qua. Mi piace chiamarli gli scienziati.’

Gary disse, ‘Fottiti, Cliff.’

Paul si rese conto che erano le prime parole che qualcuno avesse pronunciato.

Cliff continuò, ‘E nel caso te lo stessi chiedendo, non sono un candido agnellino. Ti ho sconvolto? No, sono stato mantenuto a piacimento da Sua Maestà per un po’. Lo dico in tutta onestà. Non vorrei che pensassi che parlo sotto falsi pretesti di qualsiasi genere.’

‘Ma la tua esperienza non ti ha portato sulla retta via.’

Cliff sogghignò di nuovo.

‘Non imparerei la retta via neanche se mi rompessi il naso inciampandoci.’

‘Tutti noi facciamo del nostro meglio per arrivare alla fine del mese.’

‘Esatto, proprio questo intendo,’ disse Cliff. Scrutò nuovamente Paul. ‘Così sei tornato qui per un funerale. Immagino che entrambi i genitori siano andati, perché se era solo uno saresti stato a casa a prestare una spalla all’altro. Non in giro con gente come noi. Quindi probabilmente vorrai sistemare e vendere la casa e liberarti di tutta quella robaccia … Ci sono passato anni fa. I miei sono finiti presto in una bara a causa del fumo. Hanno anche fatto di tutto per finirci. Cinquanta al giorno, entrambi. Praticamente gli diedi una pala e gli dissi di iniziare a scavare.’

Paul si appoggiò allo schienale della sedia e sbirciò Araminta. Stava ancora messaggiando.

Disse, ‘Tutto questo è interessante, ma non so cosa ci faccio qui.’

Cliff minimizzò. ‘Lo so, pensavi di venire per un drink amoroso con Minty e invece trovi quattro farabutti. È come quel programma tv, com’era?’ — cercò aiuto dai suoi uomini trovando sguardi assenti — ‘Dragons Den. Tu devi vendere qualcosa e noi non vogliamo comprare.’

‘Non sto vendendo niente.’

‘Oh, penso di sì. Vedi, sono incuriosito da te per l’incoerenza tra quello che dici di essere e come ti comporti. Hai detto a Minty che lavori nel campo assicurativo. Ma sei venuto da me come un poliziotto. Sicuro di te. Gonfiando i muscoli. Mi ha fatto pensare — che piani hai per questa povera ragazza? A che gioco stai giocando, eh? Qual è il tuo gioco?’

Araminta si alzò, mise via il suo telefonino, allisciandosi il davanti del suo vestito. Paul notò nuovamente i suoi fianchi sottili e come questo le facesse la pancia molto piatta.

Cliff la guardò, dicendo, ‘David tutto bene?’

Lei raccolse una borsa color crema dal suo posto, appesa sul retro della sedia, dicendo, ‘Abbastanza arrabbiato con me. Non lo vedo da un po'.’

‘Fatti desiderare ancora, cara. Gli uomini sono tutti uguali,’ rivolgendosi a Paul, ‘no? Ci dai un po’ e vogliamo di più. Stiamo parlando del ragazzo di Minty, in caso te lo stessi chiedendo. Vedi, non sei l’unico pesce nell’oceano.’

Paul si alzò spingendo indietro la sua sedia, dicendo ad Araminta, ‘Ho bisogno di andare in bagno. Accompagnami alla porta.’

‘Bel modo per rimorchiare, ma non ce n’è bisogno, ci vediamo in giro.’

Gli passò davanti senza guardare e lui percepì di sfuggita il suo profumo. Si girò e la seguì urtando i tavolini a cui sedevano uomini con le loro mogli e ragazze, che si fermarono a guardare lei, poi lui.

Le prese il braccio, e disse, ‘Minty.’

Lei si girò, un’ombra nei suoi occhi. ‘Non toccarmi.’

Lui lasciò la presa. ‘Che succede? Perché ti trovi allo stesso posto di quel branco di sfigati?’

‘Non sono affari tuoi.’ Addolcì leggermente lo sguardo. ‘Mi dispiace che fossero qui quando sei arrivato.’

‘Che cosa vuole? Perché ti gira intorno?’

Lei lo freddò. ‘Probabilmente per la stessa ragione per cui lo stai facendo tu.’

Poi si girò e se ne andò. Paul la guardò spingersi fuori nell’aria fredda, poi scosse la testa e si diresse verso il bagno. Pensò che era appena finito in un film di cui non capiva la trama e dove i personaggi non avevano senso.

Più tardi capì che questo era il momento in cui avrebbe dovuto allontanarsi dal pub in macchina il più velocemente possibile.

STAVA CHIUDENDOSI LA cerniera quando Tarzan e Gary entrarono — l’uomo alto, più alto di quello che Paul avesse pensato, abbassandosi sotto alla cornice della porta prima di poggiarvisi di schiena, Gary gettando uno sguardo sullo spazio piastrellato intorno a sé, fischiettando, controllando il bagno.

Paul fece scorrere dell’acqua tra le mani e prese un fazzoletto di carta, chiedendosi cosa avrebbero fatto. Niente di serio, non in un pub affollato, probabilmente solo una conversazione per tastare il terreno. Lo aveva fatto anche lui quand’era più giovane, di imparare i trucchi del mestiere sotto supervisione.

Disse a Gary, ‘Lui Tarzan, tu Jane?’

Gary si voltò a guardare Tarzan — vedi, che ti avevo detto? Poi puntò il dito contro Paul.

‘La tua bocca ti mette nei guai, non è vero? Non riesce a trattenersi. Stavamo dicendo, io e Tarzan, dicevamo che la tua boccaccia sarà la tua morte, un giorno. Dico bene, Tarz?’

Tarzan annuì, incrociando le braccia per enfasi, con un’energia lenta, quasi letargica. Paul immaginò che avesse forza, ma nessuno stile. Sarebbe stato facile da neutralizzare mantenendosi lontano dalla sua portata.

Gary era più basso di Paul, un uomo asciutto con la pelle grigia e un’agitazione costante in fondo agli occhi. Uno non si fiderebbe di lui per coprirsi le spalle e probabilmente lo vorrebbe sempre davanti a sé.

Paul disse, ‘Questo posto puzza. Possiamo continuare la conversazione fuori di qui?’

‘Questa non è una conversazione,’ disse Gary. ‘È una … come si dice, una dimostrazione.’

‘Di cosa?’

‘Di come stanno le cose. Tra noi e te. Se hai intenzione di intrattenerti con Minty, ci sono delle regole.’

Tarzan disse, ‘E regolamenti.’

‘Mi stai dicendo che ho bisogno del tuo permesso per parlare con qualcuno? Pensi che succederà? Neanche mi piace tanto. Non mi piacciono le bionde.’

Gary rise e si voltò indietro di nuovo verso Tarzan.

‘Non ti preoccupare, non è bionda naturale, non è vero?’

Tarzan disse, ‘Non proprio. Non fino in fondo.’ facendo ridere di nuovo Gary, entrambi condividendo una specie di scherzo per iniziati.

Paul disse, ‘Abbiamo finito qui?’

‘No,’ disse Gary, ‘non abbiamo finito. Per chi lavori?’

‘Che vuoi dire?’

‘Lavori nelle assicurazioni. Per chi lavori?’

Paul incontrò gli occhi di Gary e li fissò. ‘Non sono affari tuoi.’

‘Sì, immaginavo che lo avresti detto. Fatto è che Cliff vuole sapere se sei chi dici di essere.’