Книга Sotto La Luna Del Satiro - читать онлайн бесплатно, автор Rebekah Lewis. Cтраница 2
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Sotto La Luna Del Satiro
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Sotto La Luna Del Satiro

Come no. Pensa a come sarebbe averla sotto di te, mentre si dimena per il piacere che le procuri.

Disgustato da se stesso, Ariston si allontanò ulteriormente, quasi inciampando nei suoi piedi. Dafne stava giocando a un gioco pericoloso, avvicinandosi a lui quando il suo autocontrollo era tanto fragile.

«Non credo di capire come mai dovrebbe importare ad Apollo.» Intrecciò le mani dietro alla schiena, per evitare di allungarle verso di lei e attirarla a sé. Come avrebbe fatto a controllarsi vicino a una ninfa e aspettare la Luna del Satiro? Riusciva a stento a trattenersi dall’attaccare Dafne sul posto. Dentro, era furioso. Non poteva averla, non poteva porre fine alla maledizione. Non poteva tornare a essere normale. Eppure, Ariston non l’avrebbe costretta. Si rifiutava di diventare il mostro che il suo aspetto suggeriva. Doveva essere più forte. Pan gli aveva insegnato che l’unico modo per restare ancorato alla propria umanità era reprimere i propri istinti il più spesso possibile.

Ma, per gli dèi, il sesso, le sensazioni. Non si stancava mai. Avrebbe potuto continuare…

No. Non pensarci. Distolse di scatto lo sguardo dal suo seno, premuto contro la stoffa setosa dell’abito. Se anche Dafne avesse notato il suo sguardo lascivo, scelse di ignorarlo. Le sue labbra si stavano muovendo, ma Ariston riusciva a sentire solo il battito del proprio cuore in lontananza ed era estremamente consapevole di quanto fosse duro sotto la cintola. Sbatté rapidamente le palpebre e scosse la testa. Cosa stava dicendo?

«–ti ho detto più di quanto avrei dovuto. Non posso perderlo.»

Fingendo di aver compreso ogni parola, Ariston rispose: «Lo prenderò in considerazione, ma sappi che non avrei altra scelta che seguire il mio istinto, se dovesse darmi una ragione per non fidarmi».

«Capito.» Dafne alzò la testa, mentre la pioggia martellante lasciava il posto a una pioggerellina leggera. Le nuvole si allontanarono dal sole abbastanza a lungo perché potesse illuminare la foresta, mettendo in risalto il delicato pallore eburneo della sua pelle. «Si sta facendo tardi e Apollo verrà a cercarmi prima che cali la notte. Devo andare e condurlo lontano da te.» Si sporse verso di lui e sussurrò con fare cospiratorio: «Ho visto cosa nascondi in quella borsa. Apollo abuserebbe di una tale magia». Detto ciò, Dafne svanì, ma Ariston sentì un dolce tocco sulla guancia, come lo sfiorare lieve di un petalo contro la pelle. Una voce gentile gli sussurrò all’orecchio: «Non arrenderti mai, Ariston. Troverai la tua ninfa, un giorno. Non oggi, ma un giorno. L’ho vista ed è molto bella. Proteggila».

«Proteggerla da cosa? Da chi?»

Nessuna risposta. Se non altro, aveva smesso finalmente di piovere.

Capitolo uno

Presente

L’acquazzone aggredì la tenda, che in teoria avrebbe dovuto essere resistente all’acqua, e Lily maledisse per la milionesima volta l’esistenza stessa di Donovan. Non solo era riuscita a fare accidentalmente un buco nella tenda cercando di piantarla da sola, ma Donovan l’aveva abbandonata nel bel mezzo dei Monti Blue Ridge. Avrebbe usato scotch a volontà per chiudere lo strappo e risolvere il problema della perdita, ma ovviamente il nastro adesivo era nello zaino di lui. Così come la mappa. Aveva perso la bussola e il suo cellulare era caduto in una pozzanghera di fango e non si accendeva più.

La ciliegina sulla torta in quel campeggio infernale? Lo stesso che le avrebbero dovuto rimborsare una volta consegnate le foto scattate nella natura? Un lavoro freelance apparentemente fantastico. Te lo puoi scordare. Non sarebbe mai riuscita a tornare per farsi pagare. Probabilmente, non sarebbe nemmeno riuscita ad andarsene da quelle montagne.

Era stata scaricata quella mattina stessa. Non poteva farlo prima dell’escursione o aspettare che fossero tornati a casa. No, Donovan aveva deciso di lasciarla nel bel mezzo della foresta, a piedi, con solo due giorni di provviste. Forse lo aveva fatto perché sapeva che Lily sarebbe stata scoperta subito se lo avesse ucciso, visto che molte persone sapevano dove fossero e quando sarebbero dovuti tornare. Al contrario, se fosse rientrato senza di lei, avrebbe potuto tenere nascosta la sua assenza per qualche giorno.

Ecco a voi Donovan, uno straordinario guastafeste. Quanto avrebbe voluto torcergli quel collo ossuto. Non sarebbe stato neanche necessario ucciderlo – Lily voleva solo vederlo soffrire. Non che fosse una donna violenta, ma argh!

Svitando il tappo della borraccia, domandò: «Che tipo di uomo abbandona una donna nel bel mezzo di una maledetta foresta?» Le risposero l’ululato del vento e la pioggia. Un gran tonfo proveniente dal tetto della tenda la fece sobbalzare e la borraccia le cadde sui piedi.

«Ahia!»

Il liquido tiepido le colò fra le dita, formando una pozza ai piedi del suo sacco a pelo. Sospirando con impazienza, riavvitò il tappo della borraccia e la lanciò sullo zaino. Non era rimasta molta acqua, avrebbe dovuto riempirla il mattino seguente con la pioggia accumulatasi nella tazza che aveva lasciato fuori e nella padella che aveva messo sotto il buco nella tenda.

Un’altra serie di tonfi colpì il nylon come una tempesta di sassi. Una pallina di ghiaccio delle dimensioni di una monetina attraversò lo strappo e cadde nella padella con uno schianto. Lily si spostò verso il centro della tenda, allontanandosi dai lati per evitare che un chicco di grandine particolarmente odioso la colpisse alla nuca. Ci mancava solo che subisse un trauma cranico a causa di una palla di cannone in miniatura fatta di ghiaccio.

Il meteorologo che aveva dato cielo limpido per tutto il fine settimana avrebbe di sicuro ricevuto lettere di protesta da parte di Lily, quando sarebbe riuscita a tornare a casa. Curiosamente, però, il tempo sembrava peggiorare di pari passo con il suo umore. È ridicolo. Hai avuto una giornataccia, è normale pensare che il clima peggiori per farti un dispetto. Dopo aver spento la lanterna per non consumare la batteria, Lily guardò le ombre degli alberi ondeggiare attraverso l’apertura di plastica trasparente al lato della tenda, che lasciava entrare abbastanza luce da spaventarla a morte. Si disse di non pensare a ogni horror che avesse a che fare con il campeggio. Non lo avrebbe fatto. No.

Invece ci pensò, eccome. A ogni singolo film: The Blair Witch Project, Wrong Turn, diamine, persino a Venerdì 13 e ai lupi mannari e a tutte le altre creature mai create. Immaginò addirittura le giganti formiche assassine in bianco e nero di Assalto alla terra trascinarla via nella notte fino al loro formicaio, sebbene non c’entrasse nulla con il campeggio, da quel che riusciva a ricordare. Che le formiche tentassero di farla fuori sembrava plausibile, dal momento che quel luogo ne era pieno. Una puntura sulla caviglia iniziò a pruderle al pensiero e si grattò. Finiva sempre per calpestare i formicai. Ogni singola volta.

Morirò qui. Da sola.

Se avesse sentito dei passi, si sarebbe dovuta arrischiare a urlare o avrebbe fatto meglio a rimanere in silenzio? Era un dannato dilemma. Era abbastanza vigliacca da lasciarsi sfuggire una possibilità di aiuto fino alla mattina seguente, per paura di ritrovarsi davanti un assassino psicopatico affetto da una furia omicida. Non che Lily non si fidasse delle persone, ma doveva prendere confidenza prima di abbassare la guardia. Avrebbe affidato la propria vita a Donovan e guarda come era andata a finire.

Clunk! Un altro chicco di grandine cadde nella padella vicino ai suoi piedi. Cosa non avrebbe dato per dei superpoteri, così da potersi teletrasportare lontano da quel luogo. Iniziò a fare una treccia con i suoi lunghi capelli neri e la grandine si placò, mentre il lamento incorporeo del vento faceva da sottofondo alla notte. I suoi pensieri tornarono agli avvenimenti della mattina, nella speranza che l’irritazione scacciasse il collage di film horror dalla sua mente.

Dopo aver fatto colazione, Donovan aveva iniziato a comportarsi in modo sospetto. Aveva l’abitudine di passarsi le dita fra i ricci capelli castani quando era nervoso. Quella mattina lo aveva fatto così tanto da scompigliarseli fino ad assomigliare ad Albert Einstein. Inoltre, aveva continuato a guardarsi intorno, quasi temesse che degli estranei sarebbero potuti apparire in qualsiasi momento, nonostante fossero completamente soli.

Puah. Voleva davvero ripensare a quello che le aveva detto?

Dei rumori assordanti nelle vicinanze le fecero prendere in considerazione l’idea di gettarsi sotto al sacco a pelo umido e restare lì fino al sorgere del sole. Lily cercò di rassicurarsi, dicendosi che era stata la caduta di un ramo a provocarli, non un dinosauro assassino fuggito da Jurassic Park per fare uno spuntino di mezzanotte con una donna abbandonata. Qualcuno si stava muovendo nelle vicinanze, ma non riusciva più a vedere nulla al di fuori della finestra della tenda. La plastica si era appannata per l’umidità e la pioggia nella calura della Georgia. Lanciò un’occhiataccia all’acqua che sgocciolava dallo strappo.

A cosa stava pensando? Ah, sì, il tradimento di Donovan. Gli aveva chiesto perché fosse tanto ansioso e allora lui aveva sganciato la bomba. Ovviamente, non gli aveva creduto. Non al leggermente impacciato, un po’ sfigato e “affidabile” Donovan, che nonostante tutti i difetti era un bravo ragazzo. Non faceva scenate, non si atteggiava da duro e da macho e non l’aveva mai visto guardare un’altra donna. Così, mentre il suo cuore stava per spaccarsi in due, Lily aveva pensato che Donovan stesse cercando di essere divertente. Non era poi così inverosimile, visto che non aveva mai avuto un gran senso dell’umorismo. Ma, cavolo, le sue parole l’avrebbero fatta soffrire per anni.

«Fammi capire. Non volevi farmi agitare, dunque hai deciso di accompagnarmi durante questa uscita fotografica nonostante stessi pianificando di lasciarmi? Cosa non mi stai raccontando? Ci deve essere una ragione se non puoi aspettare fino a domani, quando torneremo a casa.» Lily sbatté nuovamente le palpebre. Non avrebbe pianto, non gli avrebbe dato la soddisfazione di sapere quanto l’avesse ferita. «Perché non mi hai detto che non volevi venire? Avrei potuto chiedere a qualcun altro di accompagnarmi.»

«Vedi, sapevo che ti saresti arrabbiata, io—»

«Sul serio? Avrei dovuto esserne felice?»

«—ho cercato di arrivare alla fine del weekend, davvero.»

Come se la colpa fosse sua se lui non era in grado di tirare fuori le palle o sgattaiolare via dal camping. Donovan aveva sempre odiato stare all’aria aperta, ma prima di partire aveva seguito un tutorial su come usare una bussola e leggere una mappa, dicendo di avere paura che Lily li facesse perdere; sebbene non fosse un’esperta, Lily sapeva leggere sufficientemente bene una mappa e una bussola. Il suo improvviso interesse avrebbe dovuto essere un segnale evidente che qualcosa non andava. Non era mai stato un appassionato di campeggio ed era sempre andato con lei solo perché costretto.

Lily amava la natura. Amava stare all’aperto. Dopo un po’ di giorni rintanata in casa iniziava a diventare irrequieta. Specialmente quando era lontana dal suo appartamento vicino alla palude, a Charleston. Nonostante la vista fosse sulla piscina e non sulla palude, amava stare vicino all’acqua. L’odore di muffa delle aree paludose – la faceva sentire a suo agio.

Il fatto di dover sopportare una rottura nella parte più a sud dei Monti Blue Ridge, con Donovan intento a comportarsi come un completo idiota, le stava facendo riconsiderare tutta la storia del “a proprio agio nella natura”.

«Per favore, Lily, non sarebbe nemmeno dovuto accadere.»

Merda. La diga costruita per arginare le lacrime cedette, spezzata da un mix contrastante di rabbia, disperazione e umiliazione. Lily non sapeva come reagire a quel colpo devastante. Come aveva potuto fare una cosa del genere, dopo una relazione di cinque anni, una relazione che Lily considerava sana e felice – per non parlare del fatto che avevano fatto sesso ogni notte in campeggio. Perché quel tradimento? Cosa aveva fatto di sbagliato?

«La conosco?»

«No.»

«Oh. È più carina di me?»

«Maledizione, Lily. Mi rifiuto di degnare questa domanda di una risposta.»

Lily sbuffò. Significava che lo era.

Camminarono a lungo in silenzio. Ci vollero alcune ore prima che riuscisse a tollerare di nuovo la sua voce. Avrebbe fatto meglio a continuare a leccarsi le ferite in silenzio, invece che subire altre ferite all’orgoglio tornando sull’argomento, ma non riusciva a capire come avesse potuto desiderare un’altra, quando gli aveva dato tutto. Alcuni suoi amici erano gelosi di lui e della loro ottima vita sessuale. Sapeva che Donovan ne aveva parlato con loro, perché le avevano fatto della avance, guadagnandosi un sostanzioso schiaffo in faccia. Il fatto che amasse il sesso non significava che lo avrebbe fatto con chiunque.

«Rispondi a questa domanda e smetterò di assillarti.»

Donovan inalò bruscamente, quasi fosse lui quello fatto a pezzi dall’interno. «Che cosa?»

«Perché hai avuto bisogno di andare da un’altra? Cosa c’è di così sbagliato in me?» Non riuscì a guardarlo mentre lo chiedeva. Al contrario, puntò lo sguardo sui propri piedi in movimento, sperando che gli ultimi due giorni dell’escursione finissero in fretta per poter fuggire da lui. All’inizio, sembrò che Donovan non avesse intenzione di rispondere, ma dopo una lunga pausa lo fece.

«Onestamente, mi sento come se dovessi rinunciare alla mia virilità per ciò che sto per dire, ma sei troppo difficile da gestire a letto.»

La terra si sollevò e la afferrò per il piede, scagliandola nel fango. Almeno, così le sembrò durante la caduta. La sommità del suo zaino la colpì alla nuca e Lily rimase a fissare come una stupida la bussola, mentre dallo zaino cadeva oltre la sua testa e dentro un cespuglio lì vicino. Si voltò e guardò con aria minacciosa la radice, ancora avvolta intorno al suo piede.

«Stai bene?» Donovan la raccolse praticamente da terra.

Lily fece una smorfia e soffiò via la terra dal palmo sbucciato. Sia le sue ginocchia che il suo orgoglio erano rimasti feriti, ma la sua mano sanguinava. «Dammi il kit di pronto soccorso, per favore.»

Si sarebbe occupata della mano prima di commentare la rivelazione di Donovan. Si sfilò lo zaino e tutto il contenuto si riversò a terra, come una pignatta piena di odio. Di bene in meglio. Iniziò a ricacciare le sue cose nello zaino, imprecando, e gettò uno sguardo furioso verso Donovan. Chiuse la cerniera ancora funzionante. Donovan le passò il kit di pronto soccorso e rimase in piedi alla sua sinistra, con le mani in tasca, apparentemente perso nei propri pensieri – un fatto di per sé spaventoso.

Lily usò la borraccia per versare dell’acqua sulla ferita. Per disinfettarla, rovistò nel kit d’emergenza in cerca della bottiglietta di acqua ossigenata e la applicò, grugnendo per il bruciore. Il taglio era al centro del suo palmo, per cui Lily optò per uno dei grandi cerotti, invece che fasciarlo con una garza. Benché non necessitasse di punti o altro, un po’ di ghiaccio l’avrebbe certamente fatta sentire meglio.

Lily restituì il kit e attese che Donovan lo rimettesse nel suo zaino, ma non appena lo ebbe fatto, non riuscì più a trattenersi. «Per favore, spiegami come faccio a essere difficile da gestire a letto. E io che pensavo che i ragazzi considerassero una fortuna il fatto di fare sesso praticamente ogni giorno per cinque anni, eccetto un paio di giorni al mese.» Non aveva intenzione di suonare tanto amareggiata, ma come altro avrebbe potuto suonare? Le spalle di Donovan si irrigidirono, mentre si rimetteva lo zaino. Evidentemente, aveva sperato che si fosse dimenticata della questione.

«Amo il tuo amore per il sesso. Veramente. Il problema è che la maggior parte delle volte ti ci vuole troppo tempo per raggiungere l’orgasmo. Mi sento un completo stronzo a venire prima di te. Se non ti procurassi piacere, non avresti più bisogno di me. Già consumi troppe batterie al mese. So che usi il tuo vibratore quasi ogni giorno. Come pensi che mi faccia sentire, sapere di non essere in grado di soddisfare i tuoi bisogni?»

Lily arrossì. «Ehm… Non lo uso tutti i giorni. Forse una o due volte alla settimana, quando sei al lavoro e sono troppo irrequieta per riuscire a concentrarmi.» Forse un giorno sì e uno no. Di certo non giornalmente. E l’idea che ci mettesse troppo tempo era ridicola. Con Donovan era già buona che durasse dai sette ai dieci minuti. Okay, a volte per lei quel tempo non era sufficiente. Ma era proprio necessaria tutta quella fretta? Dov’era la passione in un approccio da “una botta e via”? Non aveva alcuna voglia di diventare una di quelle coppie che pianificavano i rapporti segnandoli sul calendario, al pari di un appuntamento dal dentista, per poi non vedere l’ora di togliersi il pensiero e tornare alla normalità. Oltretutto, quale ragazzo usava l’espressione “raggiungere l’orgasmo” in una frase? Idiota.

«Sei perennemente eccitata!» Donovan si fermò, chiuse gli occhi e alzò la testa al cielo. Come se Dio in persona dovesse inviare degli angeli del Paradiso per premiarlo per essersi ribellato contro la fidanzata dissoluta e immorale. Ex-fidanzata. «Scusa, non volevo farla suonare come una cosa brutta. Non lo è. È fantastico e il sogno di ogni uomo. È solo che, a volte, mi sembra tu mi stia prosciugando per soddisfare i tuoi bisogni, come una succuba.»

Wow.

«Se non mi avessi battuta sul tempo, ponendo fine alla nostra relazione, dopo questo commento di certo lo avrei fatto io stessa.» Che genere di uomo tradiva la fidanzata per il troppo sesso? Non aveva alcun senso. Scambiare troppo sesso con altro sesso. Che ipocrita! Forse concedersi tutte le notti la rendeva troppo facile. Oh, no, è vero. Donovan non aveva voglia di fare fatica. Voleva spargere il suo seme e andare a dormire. Per fortuna, sparava a salve.

«Non ti arrabbiare, Lily. Sei stata tu a chiedermelo.»

«Oh, non sono arrabbiata. Sono troppo occupata a fare pensieri vogliosi e da troia sul prossimo uomo sul quale userò i miei trucchi da succuba. Non fare caso a me. Forse il ranger in servizio ha voglia di una sveltina.»

Non avevano parlato molto, da quel momento in poi. Avevano camminato fino a quando la mancanza di luce li aveva costretti ad accamparsi. A quel punto, Donovan si era offerto di raccogliere della legna da ardere, mentre Lily era andata tra i cespugli per fare i suoi bisogni. Dopo aver finito di montare la tenda da sola, si era accorta che ancora non era tornato e una lieve preoccupazione l’aveva assalita. Un po’ di tempo dopo, si era resa conto che si era portato via lo zaino. Con la mappa. Aveva scoperto anche di non aver recuperato la bussola, dopo che era caduta tra i cespugli. E Donovan aveva l’altra con sé. L’aveva abbandonata lì ed era stato un atto premeditato.

Lily sapeva di non doversi muovere, ma se Donovan si fosse perso? Eppure, si era portato dietro tutte le sue cose senza dire nulla. L’aveva davvero lasciata da sola nei boschi, tornandosene a casa? Oppure voleva solo spaventarla? Lily aveva sempre avuto un discreto senso dell’orientamento. Se avesse usato la posizione del sole come guida, tutto sarebbe andato bene. Avrebbe camminato nella direzione giusta fino a incontrare una torre della guardia forestale o una strada e lì avrebbe chiesto aiuto. Se il suo cellulare non avesse smesso di funzionare, avrebbe potuto chiamare qualcuno o avrebbe potuto usare il GPS o una bussola digitale. Ma la Legge di Murphy era una brutta bestia e al momento Lily ne era in balia.

Capitolo due

«Sei un idiota.» Adone sfregò il pollice sul freddo anello d’acciaio che teneva all’anulare destro. Era severamente tentato di trasformare il suo tirso in un pugnale per porre immediatamente fine alla miserabile esistenza di Donovan. Voleva che Lily Anders fosse impaurita e smarrita nella foresta, ma focalizzata sulla propria sopravvivenza, non piena di dubbi sulle proprie doti come amante. «Ti ho detto di svignartela e di lasciarla da sola fra le montagne. Quando mai ti ho chiesto di mollarla e di farla piangere?»

Aveva davvero, davvero voglia di pugnalare quell’umano. Per sua fortuna, Adone non era un assassino. Donovan O’Donnell, possessore di nome ridondante e allitterato, dal suono talmente irlandese da rendere sorprendente il fatto che non avesse capelli rossi e lentiggini, si infilò la mappa e la bussola nelle tasche dei pantaloncini color kaki e aprì la bocca, come sul punto di replicare con fare saccente.

Tuttavia, come il suo sguardo cadde su qualcosa di inaspettato, Donovan richiuse la bocca e sbatté le palpebre. I suoi occhi si spalancarono, mentre fissava le corna di Adone, illuminandole con la luce della torcia che teneva tra le mani tremanti. Desolato, umano. Non è un’illusione ottica. Visto il tempo che ci aveva messo per raggiungere il punto d’incontro, la pioggia doveva aver rallentato l’umano, che non era tipo da escursioni all’aria aperta. Se non altro, sapeva leggere una mappa e una bussola e, alla fine, ce l’aveva fatta.

«Potresti smetterla di puntarmi quella cosa addosso?» chiese Adone, strizzando gli occhi. La luce si abbassò, ma non si spense. Come previsto, quando il raggio illuminò gli altri attributi da satiro, l’umano sussultò per la sorpresa. Sì, degli zoccoli. Ooh, ahh. Spaventoso. Deve essere Lucifero. Deve essere malvagio. Diventa ogni volta meno divertente. Adone portava il nome che era diventato sinonimo di bellezza maschile, eppure quelli che lo vedevano senza l’incanto della magia tremavano dalla paura e dal disgusto. Non me lo meritavo. Non mi sarei nemmeno dovuto trovare sulla montagna quella notte. Ariston gli aveva raccontato del sacrificio di Dioniso e Adone lo aveva convinto ad accompagnarlo. Se Ariston non glielo avesse detto, se non gli avesse offerto un’occasione per far ingelosire Afrodite, Adone non ci sarebbe mai andato. Strinse gli occhi al ricordo, il suo sguardo fisso su Donovan e la sua torcia tremolante.

Quando il mortale indietreggiò di molti passi, Adone si spazientì. L’incantesimo che lo faceva sembrare umano era sparito ore prima, al calar del sole e non poteva in alcun modo celare la propria natura di notte. Sebbene inizialmente avesse tenuto d’occhio l’umano, Adone se ne era andato dopo che l’idiota aveva definito la ninfa una succuba, per paura di non riuscire a trattenersi e interferire. Ma Donovan non si era presentato nel luogo dell’incontro all’ora stabilita e Adone si era dovuto mettere a cercare l’imbecille, convinto che ci avesse ripensato. Non lo aveva fatto, il che provava ulteriormente la sua stupidità. La ninfa era di una bellezza che meritava di essere apprezzata.

«Non volevo che accadesse» rispose Donovan, arretrando e inciampando nel terreno accidentato. Dove diamine lo aveva trovato, questo patetico smidollato? Convincerlo ad abbandonare la sua ragazza era stato fin troppo facile e per pochi soldi, in confronto agli standard delle Industrie Bach. Diecimila dollari, ecco quanto gli ci era voluto per ferire emotivamente la fidanzata. Diecimila dollari e Lily Anders non era che un ricordo lontano. Donovan non aveva negoziato per ottenere un prezzo migliore e non aveva neanche finto di essere offeso dalla proposta.

«Potevi anche non desiderare che accadesse, ma è accaduto. Sono tentato di non pagarti affatto. Ora devo rimediare ai tuoi errori, il che è difficile, visto che non posso semplicemente apparire dal nulla e rassicurarla che andrà tutto bene.»

«Ma io ho firmato un contratto…»

«Non me ne frega niente. Non hai rispettato i termini, perciò ho tutto il diritto di invalidarlo.»