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Futuro Pericoloso
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Futuro Pericoloso

Mª del Mar Agulló

Futuro Pericoloso

FUTURO PERICOLOSOMª del Mar Agulló

Titolo originale: Peligroso futuro

© Mª del Mar Agulló, 2019

Traduttore: Aliki Zanessis

Illustrazione di copertina: mores345

Disegno di copertina: © Mª del Mar Agulló

Prima edizione

Tutti i diritti sono riservati. Senza limitare i diritti dell’autore, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata o trasmessa da un sistema di recupero dati, in nessun formato o in nessuna modalità (che sia digitale, meccanica, tramite fotocopie, registrazioni o qualsiasi altra) senza il permesso previo e per iscritto del proprietario dei diritti di copia di questo libro. Questo libro è un’opera di immaginazione e qualsiasi somiglianza con persone, vive o morte, luoghi o eventi è pura coincidenza. I personaggi sono prodotto dell’immaginazione dell’autore e vengono utilizzati in maniera fittizia.

Questo libro digitale è autorizzato solo per un suo utilizzo personale. Non può essere rivenduto o regalato ad altre persone. Se vuole condividere questo libro con qualcun altro, per favore compri un’ulteriore copia per ogni persona con la quale desidera condividerlo. Se sta leggendo questo libro e non l’ha comprato, o se non è stato comprato per un suo utilizzo esclusivo, per favore compri una sua copia. Si ringrazia per il vostro rispetto verso il lavoro dell’autore.

Per Xena


1. L’ordine partendo dal caos

In un laboratorio lavorava Carolina, una ragazza venticinquenne di Maiorca, che stava anche preparando una tesi di biologia. Studiava virus che colpivano gli umani in maniera mortale. Cercava possibili antigeni e poi, quando pensava che fossero pronti, li provava con “le provette umane”.

Le provette umane erano persone che di professione permettevano l’utilizzo del loro corpo per esperimenti clinici. Prima veniva iniettato loro il virus e poi l’antigene. Venivano sottoposti a molteplici prove prima, durante e dopo il processo. Chiunque poteva essere una provetta umana (ProHu), l’unica condizione era essere maggiorenne e non avere nessuna malattia mentale che danneggiasse la capacità decisionale. I laboratori li pagavano abbastanza bene. Anche se all’inizio la società era contraria, col tempo diventarono popolari. In quel periodo esistevano liste d’attesa.

Le provette umane esistevano per legge da duecento anni, da quando il governo della Finlandia legalizzò questi esperimenti con umani. Poi si aggiunsero altri paesi, finché la maggior parte si unì a questa decisione. Prima di essere permessa per legge, questa pratica era illegale e punita con il carcere per i lavoratori dei laboratori.

Molte persone morivano negli esperimenti. Alcune perché gli antigeni non funzionavano, altre a causa di infezioni. In caso di morte, la famiglia riceveva una quantità consistente di denaro per vari anni a secondo del contratto firmato. C’erano persone che non morivano, ma finivano per avere delle complicazioni, come paralisi facciale, perdita della vista, improvviso aumento di peso. Molte di queste complicazioni erano curabili, altre no. C’erano anche persone che presentavano mutazioni nel loro aspetto fisico: ad alcune venivano fuori macchie su tutto il corpo, altre presentavano cambiamenti del colore dei capelli, del colore degli occhi, dell’altezza, eccetera.

A quel tempo i virus letali si erano moltiplicati in modo esponenziale, cosa che rendeva indispensabile il lavoro di Carolina e dei suoi compagni.

***

Keysi era la tipica ragazza britannica dagli occhi blu e dai capelli biondi. Viveva in Spagna da tre anni, da quando aveva conosciuto a Londra il suo fidanzato attuale, un giovane studente spagnolo in Erasmus della sua stessa età. Keysi aveva lavorato nei laboratori di Inghilterra, Germania e adesso Spagna. I suoi genitori erano tedeschi e i suoi nonni inglesi, quindi non aveva problemi con le lingue.

Keysi era collega di laboratorio di Carolina da due anni. Erano coetanee e tra di loro si comportavano cordialmente. A Keysi piaceva lavorare in silenzio senza che nessuno la disturbasse, al massimo tollerava la musica classica. Invece Carolina parlava senza sosta, cosa che all’inizio infastidiva la ragazza britannica. Dopo i primi giorni in cui lavoravano insieme, Keysi disse a Carolina che non poteva concentrarsi se non la smetteva di raccontarle la sua vita. Da quel giorno si limitavano a scambiarsi i saluti giornalieri.

Il lavoro di Keysi nel laboratorio era lo stesso di quello della sua collega: cercare antigeni. A differenza di Carolina, lei sentiva il bisogno di trovare più di un antigene, non sopportava l’idea che ci fosse gente che sarebbe potuta morire per un suo errore. Durante le prove aveva già perso due provette umane; Carolina ne aveva perse tre.

– Buongiorno, signorine – disse un uomo di quasi due metri e dai capelli fitti, entrando dalla porta della Sala 4, la stanza dove lavoravano sempre le due virologhe.

– Buongiorno, signor Norberto – rispose Keysi.

– Vi porto cinque nuovi virus, abbiatene molta cura mentre li elaborate, è stato molto difficile trovarli per gli addetti alla raccolta dei virus. Il primo – Norberto sollevò un flaconcino che conteneva una sostanza verdognola – è un virus che abbiamo raccolto in India. Si calcola che lì abbia colpito trecentomila persone, delle quali sessantamila sono morte. Ha un livello due di priorità e nelle prossime settimane potrebbe passare al livello uno, se si estende ad altri paesi. Domande? – Norberto guardò Keysi e Carolina, che si guardarono —. Quest’altro – Norberto sollevò un flacone di forma sferica che conteneva una sostanza simile a sabbia rossa – è un virus che abbiamo trovato sul confine tra la Cina e la Mongolia. Lì l’hanno soprannominato “la sabbia volante” per le tempeste subite negli ultimi mesi, durante le quali questo virus – Norberto indicò la sfera – volava a causa del vento. Non si sa il numero di persone colpite, ha un livello cinque di priorità ed è molto pericoloso al contatto con l’acqua. Quest’altro – Norberto prese un flacone che conteneva una sostanza simile alla plastilina di colore blu marino – è un gran mistero. L’ha trovato la signorina González – la signorina González era la figlia di Norberto e la migliore del reparto della raccolta dei virus – sulle coste australiane mentre era in vacanza. Ha cominciato a uccidere molti animali marini che comparivano sulla costa. Successivamente il virus ha colpito le persone.

– Com’è passato dagli animali alle persone? – chiese Keysi.

– Per contatto diretto. La prima persona colpita, il paziente zero, è stata una delle persone che hanno trasportato i corpi senza vita degli animali.

– Come sappiamo che è stato quello il paziente zero? Le altre persone che hanno ritirato gli animali dalla spiaggia non sono state contagiate? – chiese Carolina.

– No, non sono state contagiate. Tutte le altre persone sono state analizzate e tutte erano e continuano a essere sane. Le persone successivamente colpite dal virus sono state due donne che si sono prese cura del nostro paziente zero in ospedale.

– Cos’è successo con il paziente zero?

– È morto dopo tre giorni dall’infezione, come anche le due donne e altre venti persone.

– Quando è successo tutto questo? Perché non si è detto niente alla televisione? – chiese Carolina.

– Carolina, scopriamo nuovi virus letali ogni giorno. Non possono dare notizie su tutti, il caos regnerebbe in ogni luogo dove comparisse un nuovo virus. Immagina cosa succederebbe in Australia se dicessero che c’è un virus che può farti fuori in tre giorni e che non è curabile. O in India, dove si è generato questo virus e dove sono morte sessantamila persone solo a causa sua. Il nostro lavoro è vincere la guerra contro questo male, che al giorno d’oggi è la prima causa di morte mondiale. Quando scoprirono la cura per il cancro, per l’Alzheimer e per tutte quelle malattie che ora fanno parte della storia, il nostro organismo divenne più forte, ma anche più debole, ed è di questa debolezza che si approfittano questi virus. – Norberto si avvicinò alla finestra e guardò fuori con nostalgia. Il suo bisnonno divenne famoso per aver scoperto un vaccino contro qualsiasi tipo di cancro. Per questa ragione lui diventò biologo. Così per vari decenni la gente smise di morire a causa di malattie. Però un giorno, a casa sua a Parigi, una donna iniziò a sentirsi male. Dopo tre ore morì a causa di un virus. Da allora i virus si moltiplicarono e ogni giorno si aprivano nuovi laboratori che studiavano questi virus in cerca di una cura. – Questo virus ha un livello tre di priorità. Se il numero di vittime aumenta, salirà al livello due. – Norberto indicò un flaconcino ovale che conteneva una sostanza di un colore giallo verdastro. Questo qui è un virus trovato qui, in Spagna, nel comune di Soria per l’esattezza. È stato rilevato ieri sera e una delle nostre squadre si è recata sul posto per raccoglierne dei campioni. Ha colpito due persone, una coppia di anziani. La donna è morta poche ore dopo il contagio avvenuto tra le due e le sei ore prima. Il marito è ancora vivo. Questo virus ha un livello nove di priorità. E infine abbiamo quest’altro virus – Norberto prese un flacone cilindrico che conteneva un liquido blu chiaro – che proviene da una fredda montagna della Norvegia. È stato trovato per caso: un alpinista stava camminando su per la montagna, quando iniziò a sentirsi male e a sanguinare dalla bocca. Corse finché poté, fino ad arrivare a un rifugio di alpinisti, dove, già incosciente, lo portarono a un ospedale. L’alpinista arrivò in ospedale in arresto cardiaco. Per fortuna poterono rianimarlo ed è ancora vivo. Tutti gli alpinisti del rifugio iniziarono ad avere gli stessi sintomi alcuni minuti dopo, come anche quelli che in quel momento si trovavano all’ospedale. Dopo diverse ore l’ospedale fu messo in quarantena e lo è tuttora.

– Mio Dio! Quante persone infette ci sono adesso? – chiese Keysi, che era rimasta a bocca aperta.

– Circa cinquecento persone fino a stamattina, forse adesso saranno mille. È molto contagioso e la cosa peggiore è che non sappiamo come avviene il contagio.

– Quando è successo tutto questo? – chiese Carolina.

– Ieri sera. Si saprà durante il telegiornale del mezzogiorno. Ha un livello due di priorità. Ragazze, al lavoro!

– Aspetta, perché abbiamo un campione di questo virus così presto? – chiese Carolina.

– Ce l’hanno mandato da un laboratorio norvegese. Secondo loro siamo i migliori.

Il laboratorio di Norberto, “Il faro della luce”, era prestigioso a livello internazionale. Per lavorare lì dovevi prima superare una serie di esami di teoria e di pratica molto severi.

La ricerca di antigeni aveva una lista di priorità da nove a uno, dove uno era il massimo livello. Inizialmente la priorità veniva stabilita a seconda del numero di vittime mortali, poi a seconda del numero di persone infette, finché alla fine ogni laboratorio sceglieva la priorità a seconda del proprio sistema. Il laboratorio di Norberto sceglieva la priorità per trovare un antigene basandosi su calcoli che prevedevano il numero di persone infette e di vittime mortali che ci sarebbero state nei giorni successivi.

Keysi annotava tutto quello che diceva Norberto su un taccuino, che poi condivideva con Carolina. La ragazza inglese aveva una memoria eidetica, quindi non aveva bisogno di prendere appunti mentre Norberto parlava.

Quel giorno sarebbe stato duro. Avevano portato loro cinque virus. Per scoprire gli antigeni potevano metterci ore, giorni, settimane o mesi. Ogni secondo era importante. Da persone come loro dipendeva la differenza tra vivere e morire.

Keysi continuò subito con il virus sul quale stava lavorando prima che arrivasse Norberto. Aveva un livello due di priorità e lei stava per trovare l’antigene.

– Credo di averlo trovato – disse Keysi.

– Cosa? – chiese Carolina, immersa nei suoi pensieri.

– L’antigene per il virus di Cancún. Lo manderò a Norberto perché lo provi lui, noi abbiamo già abbastanza lavoro.

– Non cercherai altri possibili antigeni? – Keysi cercava sempre diversi antigeni.

– Carolina, sono nervosa. Molte persone stanno morendo, dobbiamo affrettarci.

– Keysi, calmati. Così non sei d’aiuto. Se vuoi, puoi prenderti il giorno libero.

– Prendermi il giorno libero? Con questo caos? – chiese la ragazza inglese perdendo la pazienza.

– In questo caso, vai al bar, prenditi un caffè, rilassati, se vuoi chiama il tuo fidanzato – Keysi storse il naso – e poi, quando starai meglio, torna.

– Va bene, chiamerò Clara. – Clara era la segretaria di Norberto che faceva le veci del fattorino.

La segretaria di Norberto entrò nella sala dopo pochi minuti.

– Clara, porta questo antigene a Norberto. Digli che è pronto per essere provato e che è quello di Cancún.

– Clara, di’ a Norberto anche che mi piacerebbe avere una copia dei rapporti dell’ospedale dell’alpinista norvegese e del caso zero australiano – disse Carolina.

Keysi seguì il consiglio di Carolina e andò alla sala dedicata al relax, ma non avrebbe chiamato il suo fidanzato con il quale aveva litigato, forse per l’ultima volta.

Keysi tornò alla stanza dove lavorava, la Sala 4. Carolina aveva già iniziato a lavorare sul virus indiano.

La ragazza inglese rimase lì, in piedi, con la porta aperta, guardando la sua collega. Questa si girò e la guardò senza capire niente. Allora la ragazza inglese si mise a piangere e subito Carolina corse ad abbracciarla.

– Cosa succede, Keysi?

– Il mio fidanzato mi ha lasciato.

Carolina aveva visto il fidanzato della sua collega un paio di volte, durante le feste di Natale e a un altro evento organizzato dal laboratorio. Le sembrava un ragazzo molto attraente, ma un po’ antipatico.

– Forse non era il ragazzo migliore per te.

– Carolina, so che non lo era, però questo non facilita le cose. Ho lasciato tutta la mia vita in Inghilterra per lui, ho imparato lo spagnolo e sono venuta a vivere a Maiorca con lui.

– Non si può risolvere?

– Non si può risolvere? – ripeté Keysi —. Non voglio risolverlo.

– Pensavo che tutto andasse bene tra di voi.

– Andava bene, finché l’anno scorso rimasi incinta.

– Non ne sapevo niente – Carolina era sorpresa.

– Neanch’io, finché fu troppo tardi. Un giorno il mio fidanzato si svegliò a mezzanotte perché voleva un bicchiere d’acqua. Il letto era pieno di sangue. A quanto pare, stavo sanguinando perché qualcosa non funzionava dentro di me. Stavo abortendo e non sapevo neanche che fossi incinta. Lo ero da due mesi. Successe tutto molto in fretta. Nei giorni successivi ero triste, ma tutto continuava come al solito. – Keysi fece una pausa —. Dovremmo continuare.

– Certo – rispose Carolina.

Quella era stata la conversazione più intima che le due colleghe avessero mai avuto, e anche la più lunga. Continuarono a lavorare. Keysi adorava Richard Wagner, così Carolina si avvicinò al computer e avviò una playlist di Wagner senza dire niente.

Decisero che ognuna avrebbe creato un antigene per i cinque virus, condividendo i dati per accelerare il processo.

2. Sono una sopravvissuta

Erano le dieci del mattino. Monica aveva lasciato a scuola suo figlio minore, Samuel. Quel giorno era entrato in classe più tardi perché aveva un controllo medico. Samuel era nato come tutti gli altri bambini, ma qualcosa era cambiato quando aveva due mesi. Samuel stava rimanendo cieco, anche il nonno di Monica era cieco. Grazie ai progressi della medicina, un semplice intervento bastava per fermare la cecità e recuperare la vista perduta. Ogni sei mesi Samuel doveva andare a controllare che la sua vista fosse perfetta.

Monica camminava pensierosa verso casa sua. Era disoccupata, anche se, essendo vedova, riscuoteva una pensione. Doveva far fronte all’affitto della casa bifamiliare dove viveva con i suoi due figli, Samuel e Oscar. Doveva far fronte anche alle bollette mensili, all’abbigliamento sportivo per le lezioni di karatè di Samuel e a tutte le spese in generale. Suo marito era morto per un attacco cardiaco, quando hanno diagnosticato la cecità precoce a Samuel. Sfortunatamente non c’era una cura per tutto.

Colui che era stato suo marito era il padre di Samuel. Il padre di Oscar era un vecchio fidanzato delle superiori che non sopportava. Chiedergli un aiuto economico era l’ultima cosa che pensava di fare.

Per Samuel, che aveva quattro anni, suo fratello maggiore era come un padre. A quest’ultimo mancavano alcuni giorni per diventare maggiorenne.

Prima di arrivare a casa, incrociò una delle sue vicine. Si era comprata una macchina nuova molto costosa, che da sempre era l’ossessione di suo marito.

– Ciao, vicina.

– Ciao, Maribel.

– Ti vedo triste. Tutto bene con il controllo di Samuel?

– Tutto bene, grazie.

– Hai visto la macchina che mi sono comprata? – disse abbozzando un gran sorriso —. Non pensare che io abbia vinto la lotteria o qualcosa del genere. Questa ce la siamo procurata lavorando.

I vicini di Monica avevano una macelleria, che non stava attraversando il suo momento migliore. Monica dubitava che questa attività potesse portare grossi guadagni.

– Non pensare neanche che abbiamo rapinato una banca. Come ti ho detto, ce la siamo procurata lavorando. Se ti va, oggi pomeriggio possiamo portare te e i bambini a fare un giro. – Dopo aver detto questo, le fece l’occhiolino, salì sul suo veicolo nuovo fiammante e se ne andò.

Un’altra delle sue vicine uscì da casa sua per incontrare Monica di proposito.

– Hai visto la macchina di Maribel?

– Sì, Rocío, l’ho vista – Monica era stanca e voleva rientrare in casa.

– Ma sai come se la sono procurata? L’hai saputo?

– Mi ha detto che se la sono procurata lavorando.

– Lavorando? Io non lo definirei così. È andata in uno di quei posti dove ti iniettano un virus e poi ti iniettano l’antivirus. Se guarisci, diventi ricco sfondato, altrimenti, be’…

– Vuoi dire che hanno lavorato come ProHu?

– Ma non è lavorare, è avere fortuna. Vai a sapere quanto li avranno pagati.

– Rocío, è un lavoro, e per giunta molto pericoloso, ma allo stesso tempo necessario. Bisogna essere molto coraggiosi per lasciarsi iniettare un virus letale senza sapere se si sopravvivrà.

Dopo aver detto questo, entrò in casa senza ascoltare la sua vicina che le stava ancora parlando.

Le sue due vicine, Maribel e Rocío, si assomigliavano molto. Facevano a gara su tutto, volevano essere le prime a venire a sapere tutto. Tutti i vicini fuggivano da loro appena le vedevano avvicinarsi. Secondo Monica le sue due vicine pettegole erano insopportabili.

Subito dopo aver chiuso la porta suonarono il campanello. Monica aprì la porta, uscendo sul piccolo balcone della casa bifamiliare. Un uomo piuttosto basso, con pochi capelli e occhiali aspettava sulla porta.

– Ciao, Monica – la salutò l’uomo.

– Ciao, Ignacio.

– Tutto bene con Samuel?

– Sì, tutto perfetto – rispose Monica che pensava che i suoi vicini non l’avrebbero lasciata tranquilla un attimo.

– Mi fa piacere. – L’uomo si tolse gli occhiali e li pulì —. Ho visto che entravi e ne ho approfittato per venire a chiederti se hai già i soldi dell’affitto.

– Ignacio…

– Mi devi due mesi senza considerare quello in corso. Sono buono con te perché hai due figli a cui badare da sola, però anch’io devo mangiare.

Monica guardò istintivamente la pancia sporgente di Ignacio e senza sapere perché si mise a ridere. Ignacio la guardava arrabbiato.

– Mi dispiace, ma temo che la mia pensione da vedova non sia sufficiente.

– Be’, dovrai guardarti intorno per un altro posto…

Monica sbatté la porta senza lasciare finire di parlare Ignacio. Monica sapeva che le minacce di Ignacio non erano vere. L’anno precedente gli doveva sei mesi e non la cacciò via. Monica era una donna di trentaquattro anni abbastanza attraente, anche agli occhi di Ignacio. Lui ci aveva provato con lei da quando si trasferirono un paio di anni prima, dopo la morte di suo marito.

Ignacio era un suo vicino, ma era anche il proprietario di tutto l’isolato. Lo comprò subito dopo aver vinto la lotteria, in un periodo in cui le case bifamiliari andavano per la maggiore. Lui viveva in una di queste, invece le altre le affittava. Diversi vicini avevano provato a comprarle, ma lui si rifiutava dichiarando che così guadagnava più soldi.

Ignacio viveva da solo. Tutti i vicini pagavano puntuali, tranne Monica. Per questo, sentendo che anche lui doveva mangiare, si mise a ridere. Sapeva che non aveva nessun bisogno di denaro, l’esatto contrario di lei.

Monica si sedette alla sua scrivania e si mise a fare i conti. Neanche quel mese avrebbe potuto pagare l’affitto a Ignacio, era impossibile. Riguardò le offerte di lavoro su varie pagine web. Non c’era nessun posto dove avrebbe potuto lavorare: un’offerta molto ben pagata come ingegnere informatico, un’offerta per fare l’autista personale di un VIP, in un’altra offerta si cercava un avvocato, e così tutte le altre a seguire. Monica aveva iniziato a studiare architettura, ma dopo i primi due anni aveva abbandonato gli studi. Poi aveva frequentato vari corsi di design per interni ed esterni, dopodiché aveva lavorato come assistente di architetti, arredatrice e altri lavori simili. Aveva anche fatto la giornalista freelance per diversi mezzi di comunicazione.

Monica si alzò dalla scrivania e si diresse verso la finestra con una tazzina di caffè nella mano sinistra, la mano che usava di preferenza essendo mancina. Avrebbe chiamato per avere informazioni sull’annuncio per l’autista. Per iniziare poteva accettarla. La parte negativa era l’orario, avrebbe dovuto assumere una tata che restasse con Samuel al mattino e lo portasse a scuola.

A mezzogiorno Oscar e Monica mangiarono in silenzio dei maccheroni riscaldati, con il suono della televisione in sottofondo. Lei aveva una faccia seria.

– Mamma, cosa succede?

– Abbiamo problemi di soldi.

Oscar sorrise.

– Come sempre.

– Ti sembra divertente?

– No, mamma, ma non stiamo poi così male.

– Non posso pagare l’affitto, né le bollette…

– Mamma, smettila. Con la pensione da vedova e la pensione da orfano possiamo pagare tutto, se riduciamo alcune delle nostre spese.

– Hai ragione, possiamo pagare tutto tranne l’affitto, e con quello siamo in arretrato già da diversi mesi.

– Puoi chiedere aiuto ai nonni.

– Non chiederò aiuto a nessuno.

– Non essere superba, mamma. E a proposito di papà?

– Cosa?

– Sai, mio padre.

– Faccio come se non avessi sentito.

– Ma dovrebbe pagarti qualcosa.

– Preferisco non dovergli chiedere niente.

– Puoi sempre uscire con Ignacio.

Entrambi risero.

– Penso di rispondere a un annuncio di lavoro da autista abbastanza ben pagato.

– Autista? Tu? – Oscar rise.

– Non guido così male.

– E che ne dici di questo? Potrei farlo? – Oscar indicò un opuscolo, sopra il tavolo, di un laboratorio che aveva urgentemente bisogno di ProHu.

– Neanche per sogno, tantomeno quando c’è scritto “urgentemente”. Questo significa che hanno qualche virus molto pericoloso e hanno varie possibili cure. Tu non diventerai un esperimento da laboratorio.

– Dopodomani compirò diciotto anni. Allora non potrai impedirmelo.

– I miei figli non saranno ProHu.

– Pensavo che tu difendessi i ProHu.

– Li difendo, ma è molto pericoloso.

– La maggior parte sopravvive.

– Così dicono, non mostrano mai delle prove.

– Mamma, abbiamo bisogno di soldi. Lasciami parlare con mio padre.

– Ci penserò.

Oscar non conosceva suo padre, l’aveva visto solo in vecchie foto quando era un adolescente. Se lo avesse incrociato per strada, non se ne sarebbe nemmeno accorto. Nelle foto che aveva visto, notava una gran somiglianza con se stesso: entrambi di carnagione scura, con gli occhi scuri e un fascino indiscutibile.

A suo tempo il padre del figlio maggiore era stato il grande amore di Monica, ma tutto cambiò dopo che se ne andò con un’altra giovane donna. E anche se il padre di Oscar aveva tentato di vederlo quando era neonato, Monica si era sempre rifiutata.

Più tardi Samuel stava giocando in casa con suo fratello. Era mercoledì, quel giorno era la volta della caccia al tesoro. Dopo che Samuel e Oscar avevano fatto i rispettivi compiti, uno dei due fratelli nascondeva un oggetto e l’altro doveva trovarlo. Chi lo trovava per primo vinceva. Quasi sempre lo trovava prima Oscar, ma fingeva di non rendersene conto per lasciar vincere il fratellino.