Книга Futuro Pericoloso - читать онлайн бесплатно, автор Mª Del Mar Agulló. Cтраница 3
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Futuro Pericoloso
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Futuro Pericoloso

– Non dire sciocchezze. Tuo padre ci ha abbandonato. Non so niente di lui da diciotto anni.

– Non continuare a mentire. So tutto, ho trovato la tua scatola.

– Hai rovistato tra le mie cose?

– Ti preoccupa di più che abbia trovato la tua scatola del fatto che è tutta la vita che mi stai mentendo? – alla fine Oscar crollò e iniziò a piangere.

– L’ho fatto solo per proteggerti.

– Da dove hai tirato fuori questa frase? Da un film?

– Aspetta, dove vai?

Oscar aprì la porta principale e uscì sbattendola.

– Oscar, aspetta!

Monica uscì in strada, ma era troppo tardi. Suo figlio, campione di atletica leggera, era già sparito.

5. Due sono meglio di uno

Keysi lavorava sul virus di Soria, faticava a studiarlo. Al computer suonava l’opera di Wagner La Cavalcata delle Valchirie. Carolina, che mostrava evidenti sintomi di mancanza di sonno, prendeva appunti su un quaderno per poi aggiungerli nella sua tesi. Keysi premette il pulsante Pausa e disse a voce alta alla sua collega:

– È come se fossero due virus, invece è uno solo.

Carolina si avvicinò a Keysi e guardò i dati provenienti dal computer.

– Keysi, hai mischiato due virus? Questi dati non sono possibili. Qui ci sono variabili di due virus, è chiaro che c’è qualche tipo di errore.

– Gli addetti alla raccolta dei virus devono aver commesso uno sbaglio.

– Dovremmo dirlo.

– Ma, Carolina, potrebbero licenziarli. Un errore così grave potrebbe causare un licenziamento.

– Mi sorprende che la pensi così, quando sei tu quella che trascorre più tempo qui perché è preoccupata per le persone infette.

– Lo so, ma mi preoccupo anche per i miei compagni.

– D’accordo. Elaborerò i miei campioni e confronterò i risultati con i tuoi, magari c’è stato un errore.

– Grazie, Carolina. Chiamerò l’ospedale di Soria per sapere come va l’anziano e, già che ci sono, chiederò che ci mandino più campioni, se è possibile.

Carolina si girò, riprese quello che stava facendo e venti minuti più tardi iniziò a studiare il virus di Soria. Keysi uscì alla ricerca del numero di telefono dell’ospedale di Soria.

Jacinto, un giovane attraente di ventisette anni della sezione della raccolta dei virus, entrò nella Sala 4, la stanza dove ogni giorno lavoravano Keysi e Carolina, spaventando quest’ultima, che era concentrata sul suo lavoro.

– Non sai bussare? – chiese Carolina arrabbiata.

– Mi dispiace.

– Ti dispiace? Jacinto, Keysi e io lavoriamo con del materiale molto delicato e siamo due delle poche persone che non indossano tute di isolamento, né nessun’altra protezione. Quindi, per favore, stai più attento.

– Lo so, ma non siete mai esposte direttamente. Io corro più rischi quando vado a raccogliere virus. La mia tuta potrebbe strapparsi e io potrei essere contagiato.

– E la tua interruzione avrebbe potuto provocare la caduta di questo flacone che tengo in mano contenente questo misterioso virus per il quale non abbiamo ancora una cura e contagiarci entrambi – Carolina si tratteneva dal piegare il suo braccio.

– Perché dici che è misterioso?

– Perché tutti i virus hanno le proprie variabili simmetriche. Da quando i virus si possono “catturare” abbiamo potuto scoprire che tutti hanno lo stesso modello simmetrico con le loro caratteristiche.

– Sì, questo lo sapevo già. Lavoro qui, ricordi?

Jacinto aveva da sempre una passione per i virus, per questo aveva iniziato a studiare Biologia per poi specializzarsi in Virologia Molecolare. Ma dopo essersi reso conto che avrebbe dovuto lavorato rinchiuso in un laboratorio, invece di Biologia studiò Raccolta e trattamento specializzato di microorganismi.

– Sottoponendo i virus alla viocula – la viocula era una macchina che mostrava tutte le caratteristiche osservabili di un virus, cosa che costituiva il punto di partenza per lo studio di ognuno di loro – tra gli altri dati ci mostra questo grafico – Carolina indicò lo schermo del computer.

– La tavola caratteristica.

La tavola caratteristica era un grafico simile a una catena di DNA, che mostrava le qualità uniche dei virus.

– Esatto. Qui possiamo vedere due tavole caratteristiche incrociate, cosa del tutto impossibile. Per questo crediamo che questo virus sia stato sottoposto a qualche tipo di contaminazione che l’ha alterato.

– Carolina, questo è impossibile, io stesso raccolsi questo virus.

***

Keysi chiamò l’ospedale dove si trovava l’anziano di Soria, avviando una chiamata olografica e mettendo il suo telefono sul palmo della sua mano. Solo i cellulari moderni disponevano di chiamate olografiche, gli altri dovevano accontentarsi di chiamate vocali o videochiamate. Rispondendo all’altro lato della linea, sul telefono di Keysi apparve l’ologramma di una donna di mezza età con segni evidenti di essersi sottoposta a una terapia estetica del viso.

Keysi spiegò alla donna la ragione della sua chiamata.

– Mi dispiace comunicarle, signorina, che l’anziano è morto ieri sera. La buona notizia è che per ora non ci sono altre persone infette.

La donna promise di inviarle più campioni del virus quello stesso giorno e la salutò.

Keysi tornò nella Sala 4, dove trovò Carolina che parlava con Jacinto.

– Devo andare. Ciao, Keysi – salutò Jacinto, che uscì dalla porta consultando l’ubicazione di un virus del quale doveva raccogliere dei campioni.

– Non dire niente – disse Carolina alla sua collega indicandola con il dito.

Keysi sosteneva la teoria che Jacinto fosse innamorato di Carolina, cosa che faceva innervosire quest’ultima, che considerava il suo giovane compagno solo come un amico.

– Non volevo dire niente – Keysi sorrise e tenne i suoi pensieri per sé —. Ho brutte notizie – annunciò – l’anziano è morto.

– Ci sono altre persone infette?

– Per il momento no. Ci manderanno più campioni oggi. – Keysi guardò dalla finestra. Era una giornata soleggiata, i turisti camminavano pigri e il mare brillava —. Credo che continuerò a studiare il virus australiano.

– Perché non ti riposi un po’? Stai chiusa qui a lavorare da quasi ventiquattro ore, hai bisogno di riposo.

– Cosa credi che penserebbero i famigliari delle persone infette, se sapessero che invece di cercare una cura mi sto riposando? – le chiese Keysi turbata.

– Non credo che tu sia d’aiuto essendo stanca.

– Non sono stanca! – protestò la ragazza inglese.

Verso le due del pomeriggio arrivarono i campioni del virus tramite la Rete di trasporto di merci altamente pericolose. Si trattava di una rete di piccoli tubi ignifughi, anticongelanti, che non si potevano rompere, di due metri quadrati di diametro, molto rapidi, che stavano sotto terra e che comunicavano con i laboratori. Altrimenti, nel caso delle isole come Maiorca, il virus arrivava fino a un aeroporto, dove veniva trasportato da un aereo speciale fino alla sua destinazione. All’inizio avevano iniziato a costruire la rete per il trasporto di merci, ma a causa degli alti costi al suo posto si costruì una rete più piccola che fosse di utilità medica. La rete era costruita in parallelo alla Rete di trasporto sotterraneo, una rete che trasportava passeggeri, che univa praticamente tutto il mondo e che aveva una velocità che sfiorava i duemila chilometri all’ora.

Clara si affrettò a portare i campioni nella Sala 4.

– Ecco a voi. Per qualunque cosa, chiamatemi – si offrì Clara, che quel giorno aveva una pettinatura all’antica, propria di due secoli prima, che simulava la figura di un leone feroce.

– Credo che uscirò un po’.

– Anch’io. Andrò a casa mia a mangiare. Potresti venire con me. Adesso che le mie compagne sono in viaggio sto da sola. Così non dovresti vedere… – Carolina evitò di nominare Raúl, l’ex fidanzato di Keysi.

– Non ce n’è bisogno, però ti ringrazio.

Carolina se ne andò di corsa, rovesciando una bibita nel corridoio del laboratorio. Keysi rimase un paio di minuti in più, controllando lo strano virus, cercando di trovare un difetto. Fuori dal laboratorio Jacinto l’aspettava.

– Keysi, aspetta.

La ragazza britannica si fermò di colpo, aspettando che Jacinto continuasse a parlare.

– Mi faresti un favore?

– Un altro?

– È uno piccolino.

– D’accordo, dimmi – cedette la ragazza inglese.

– Mi aiuteresti a sedurre Carolina?

Keysi assunse una faccia sorpresa.

– Jacinto, so che è dura, ma devi accettare che non le piaci.

– Ma le piacerò – disse allegramente.

– Non ti arrendi mai?

– Con lei no.

– Da quando la conosci?

– Da un paio di anni, da quando ho iniziato a lavorare qui.

– E da quando sei innamorato di lei?

– Credo da due secondi dopo che l’ho conosciuta.

– Non credo alle favole – disse seccamente.

– E lo dice quella che lasciò tutto il suo mondo e venne a vivere in Spagna poco dopo aver conosciuto un ragazzo.

Keysi arrossì.

– Non posso aiutarti.

– Sì che puoi, ma non vuoi. Dai, non ti costa nulla, trascorri tutto il giorno insieme a lei.

– Non abbiamo questo tipo di relazione.

Keysi continuò a camminare, finché arrivò al suo appartamento. Entrò e si rallegrò di essere da sola. Accese la sua macchina di cottura, mise tutti gli ingredienti negli scompartimenti indicati e aspettò che il merluzzo con patate arrosto accompagnato da salsa di porro fosse pronto.

La ragazza britannica iniziò a trangugiare il cibo per finire quanto prima e poter tornare subito al laboratorio. La sua ossessione di scoprire antigeni velocemente cresceva giorno dopo giorno. Quando stava finendo di mangiare, Raúl entrò nell’appartamento, accompagnato da una donna mora molto giovane e attraente.

– Oh, mi dispiace, Keysi, non sapevo che eri qui.

– Non scusarti.

La donna rimaneva in silenzio vicino alla porta. Teneva in mano una piccola valigia.

– Ti presento mia sorella Marina, è venuta da Alicante – Raúl e tutta la sua famiglia erano di quella città – per trascorrere qui alcuni giorni in vacanza.

Keysi si pulì i resti di cibo dalla faccia con un tovagliolo che profumava di vaniglia – la spezia preferita della ragazza inglese —, si avvicinò alla sua ex cognata e la salutò.

Marina e Keysi parlarono allegramente per un po’, finché la prima se ne andò con suo fratello, che voleva farle vedere questa bella città vicino al mare.

Keysi aveva dormito a malapena negli ultimi giorni e, anche se aveva detto alla sua collega che non era stanca perché non voleva ammetterlo, lo era. Si sdraiò sul divano con l’intenzione di chiudere gli occhi per alcuni secondi che si trasformarono in ore.

***

Carolina si sentì svuotata entrando nel suo appartamento, a nord della città. Viveva con due studentesse di Diritto, una di Valencia e l’altra di Barcellona, che in quel periodo erano in viaggio a Nizza. Col tempo erano diventate grandi amiche, anche se non aveva molte cose in comune con loro.

Aprì il frigo con la speranza di trovare qualcosa di appetitoso da mangiare, ma l’unica cosa che trovò furono avanzi di cibo che emanavano un odore sgradevole. Chiuse il frigo e scese al ristorante sotto casa.

Era un ristorante all’antica, dove la tecnologia era appena arrivata. La maggior parte dei ristoranti erano serviti da ologrammi che reagivano alla voce, inviando le ordinazioni dei clienti alla cucina, dove un complesso di macchinari preparava i pasti in maniera automatica. Il più delle volte il risultato non era piacevole per i clienti; invece i prezzi erano molto bassi perché non c’erano stipendi da pagare.

Un uomo di mezza età e un po’ grasso salutò Carolina affettuosamente, uscendo da dietro il banco e abbracciandola.

– Che bello che sei venuta a trovarmi – disse Pedro.

– Sono venuta a mangiare.

– Meglio, meglio – l’uomo si rallegrò molto.

Carolina guardò verso i tavoli, erano tutti vuoti.

– Come vanno gli affari?

– Male, come puoi vedere. Ho dovuto licenziare il mio cuoco, ora faccio tutto io. Queste macchine creano solo disoccupazione. Se non sai creare robot, se non sei uno scienziato o se non sai qualcosa di tecnologia dell’informazione, non servi per niente.

– Non dire così.

– Quante professioni hanno già fatto sparire? Tassisti, fattorini, autisti di bus, traduttori, operai della catena di produzione, conduttori televisivi, per non parlare dei professori, che sono rimasti solo nelle scuole, per non spaventare i bambini. Noi cuochi, commessi e simili siamo rimasti in pochi ormai. Hanno creato persino una macchina che crea macchine! Questo mondo sta smettendo di appartenerci. Fa’ attenzione che non scoprano macchinette che sappiano scoprire antigeni.

Carolina rimase a pensare a suo padre, che lavorava come bibliotecario prima di essere sostituito da un ologramma, e ai suoi professori delle superiori e dell’università, tutti ologrammi intelligenti anche loro. La ragazza maiorchina pensò che forse Pedro aveva ragione e che l’umanità era in pericolo di estinzione, essendo gli umani stessi il suo peggior nemico.

Pedro preparò a Carolina un piatto di chiocciole con salsa di pomodoro accompagnato da un’entrecôte. Per tutto il tempo che restò nel ristorante non entrò nessun cliente, cosa che la addolorò. Le era simpatico l’uomo, lo conosceva dal giorno in cui si era trasferita, quando si offrì di aiutarla a portare su le sue cose.

Carolina andò subito al laboratorio con la sua bicicletta. Odiava le macchine, soprattutto gli ingorghi che si producevano.

Quando entrò dalla porta della Sala 4, si sorprese non vedendo la sua collega al lavoro, ma non ci fece caso.

Carolina incominciò con la procedura da zero con i nuovi campioni arrivati da Soria. Dopo quattro lunghe ore il processo preliminare era completato. Rimaneva solo da verificare i dati e trarre delle conclusioni. Carolina si aspettava che i risultati fossero del tutto opposti. Dopo aver comparato entrambi i risultati, la ragazza delle Baleari non poteva essere più sorpresa. Quello che aveva appena scoperto avrebbe potuto cambiare il modo in cui i biologi studiavano i virus.

– Non ci posso credere! – disse a voce alta Carolina, che chiamò immediatamente Keysi, che era appena arrivata da pochi minuti e che stava parlando con Clara, e Norberto.

La ragazza britannica arrivò di corsa.

– Che succede?

– Non c’era contaminazione, sono due virus. I virus stanno evolvendosi o forse il nostro sistema immunitario continuerà a indebolirsi.

Norberto entrò in quel momento.

– Norberto, deve vedere questo.

Il direttore de “Il faro della luce” si avvicinò e guardò quello che Carolina gli stava mostrando.

– Stupefacente – disse Norberto, sorpreso dalla scoperta delle sue due dipendenti preferite, escludendo sua figlia Titania.

– Bisogna raccontarlo, è pericoloso possedere questa informazione e non condividerla – disse Keysi. Il suo capo la guardò molto serio.

– Ci fu un altro caso – incominciò a raccontare Norberto – fu molto tempo fa. – Norberto si avvicinò alla porta, si assicurò che non ci fosse nessuno ad ascoltare e la chiuse —. Fu dieci anni fa nell’oblast di Irkuskt, in Russia. Da quando esistono i ceppi di virus letali, prodotto dei nostri progressi in medicina, due o più virus non avevano mai convissuto in uno stesso corpo. Sappiamo che quando un virus si impadronisce di un corpo, non può entrarci un altro, essendo il corpo già ammalato. Dieci anni fa un uomo di ottanta anni fu trovato morto a casa sua, con un filo di sangue che usciva dalla sua bocca. Chiamarono subito un corpo specializzato nella raccolta di cadaveri infetti da virus. Quando arrivò al laboratorio nel quale lo portarono, iniziarono con il processo di ricerca, pura routine – Norberto prese uno degli sgabelli e si sedette, Carolina e Keysi lo guardavano attentamente —. Quando il biologo che lo stava esaminando iniziò con il processo, non percepì nulla di strano, niente lo fece sospettare che il corpo fosse portatore di due virus. Il biologo continuò con la procedura. Aveva quasi finito, quando si rese conto delle ferite interne al corpo. – Norberto si sfregò gli occhi —. Per prima cosa pensò che il virus fosse estremamente pericoloso. Così uscì dalla stanza e andò alla capsula che serve di passaggio tra il corridoio e le stanze molto pericolose, chiuse la porta con il codice cifrato, azionò il processo di eliminazione dei virus per eliminare qualsiasi traccia di virus che avrebbe potuto avere addosso, si sbottonò la tuta di isolamento e chiamò i membri della squadra di raccolta per dirgli di essere particolarmente cauti. Quando rientrò, vide qualcosa di veramente insolito: il cadavere si stava scomponendo a una velocità stupefacente. Nessun virus registrato aveva presentato quei sintomi post mortem, ma c’era un’altra cosa: le ossa stavano diventando nere. Dopo ancora due giorni di ricerca il biologo scoprì qualcosa che si credeva impossibile: un corpo poteva ospitare due virus contemporaneamente. Il biologo, affascinato da questa scoperta medica, continuò a studiare i resti del corpo, così come i campioni di virus che poté estrarre dallo stesso. – Keysi e Carolina restavano in silenzio, assorte dal racconto del loro capo —. Una mattina, quando il biologo arrivò sul suo posto di lavoro, scoprì un’altra cosa: non c’erano più due virus, ora si trattava di uno solo. I due virus avevano mutato, trasformandosi in un nuovo virus più potente. Inspiegabilmente era successo e, per quanto ne sappiamo, non è mai più accaduto. Spero che siate discrete, e con questo voglio dire che questa informazione non esca da questa stanza. Non parlatene in pubblico, capito?

Keysi e Carolina annuirono.

– Potremmo vedere campioni di questo virus o leggere rapporti?

– Non credo sia rilevante. I virus devono uscire dalle Camere isolate di sicurezza solo quando è davvero necessario.

Le Camere isolate di sicurezza erano centri di immagazzinaggio nascosti sotto terra o sotto il mare che conservavano campioni di virus e dei loro antigeni. Ogni laboratorio ne aveva una. Quella del laboratorio di Norberto si trovava a due chilometri a sud di Maiorca, nascosta sotto il mare. Vi si accedeva attraverso un sottomarino e per entrarci si doveva prima avere un’autorizzazione e poi superare una serie di lunghi e rigidi controlli di sicurezza.

Le uniche Camere isolate di sicurezza che non contenevano campioni di virus erano gli archivi di raccolta della storia di Cina, Australia, Canada e Francia, i semenzai di Islanda, Paraguay e Namibia e i centri di dati tecnologici di Giappone e Antartide.

– Avete fatto un ottimo lavoro, ma purtroppo nessuno lo saprà. A che punto siete con gli altri virus? Mi interessa in particolare quello trovato in Norvegia. Il numero di persone infette è salito a circa dodicimilacinquecento.

– Ho due possibili antigeni, ma non sono ancora conclusi. Con un po’ di fortuna li avrò pronti questa settimana – lo informò Keysi.

– Io ho quasi concluso un antigene per il virus australiano.

– Perfetto. Fatemi sapere quando saranno pronti. Sta morendo tanta gente.

Norberto uscì dalla stanza e le lasciò lavorare. Era preoccupato: sua figlia era a Taiwan, circondata da molti virus letali, e non poteva neanche chiederle come stava, dato che le comunicazioni erano state interrotte.

Mentre lavoravano, Clara entrò all’improvviso, nel momento in cui Carolina teneva in mano campioni del virus soprannominato “la sabbia volante”. Così le scivolarono e caddero.

– Oh, mio Dio! – gridò Keysi terrorizzata. Anche Clara gridò per poi uscire di corsa.

– Tranquille! Non si è rotto. Ripeto, non si è rotto – per fortuna Carolina aveva avvolto la sfera in una plastica di protezione.

– Menomale – Clara guardò il recipiente per assicurarsene —. Volevo comunicarvi che la presidente di Spagna verrà a visitare il laboratorio, fondamentalmente verrà a farsi fare una foto – Clara si girò per andarsene.

– Quando verrà? – chiese la ragazza maiorchina.

– Ah, sì! – Clara ansimava ancora —. Sono in estasi, dovrei andare in palestra – Clara sorrise —. Verrà la settimana prossima. Ci sarà una gran festa e ci darà il premio per il miglior laboratorio di Spagna.

– Non ho niente da mettermi – protestò Carolina, una volta rimaste sole.

– Posso darti qualche vestito.

– Mi accompagni domani a un negozio di abbigliamento?

– Abbiamo tanto da fare – disse Keysi con le braccia aperte.

– Ho bisogno di te, tu hai stile. Non ti farebbe male prenderti una mattina libera. Quando è stata l’ultima volta che non hai lavorato?

– Carolina, oggi ho dormito tutto il pomeriggio.

– È normale, non dormi quasi mai.

– D’accordo, ti accompagnerò – cedette Keysi, che si avvicinò al computer, collocò il suo dito sul lettore di musica e premette su Le fate di Wagner.

***

Arrivarono a un negozio di abbigliamento, aperto ventiquattro ore al giorno, verso le otto di mattina. Il personale del negozio era costituito da due ologrammi intelligenti che si attivavano con la voce. Keysi e Carolina entrarono nel negozio di abbigliamento facendo passare i loro braccialetti davanti allo schermo di identificazione.

I braccialetti che indossavano creavano un avatar personalizzato molto realistico per tutti i negozi, visibile tramite il cellulare. Avvicinando il braccialetto al codice di identificazione di ogni capo l’avatar indossava il capo automaticamente per vedere meglio come ti stava con un’alta affidabilità, senza bisogno di provartelo. Pochi negozi avevano ancora dei camerini.

La porta di uscita era diversa da quella di entrata. Se volevi uscire, dovevi passare da uno scanner che rivelava se indossavi capi che non avevi pagato. In questo caso la porta non si apriva e ti proibiva di uscire. All’inizio l’introduzione nel commercio del sistema con gli scanner ebbe dei problemi: a molta gente non venivano rivelati correttamente i diversi codici, quindi non poteva uscire.

– Non mi piace niente – Carolina guardava i vestiti poco convinta.

– Che ne dici di questa? – Keysi le mostrò una maglietta gialla con scollatura a becco e spalle a forma di dodecaedro.

– Cerco qualcosa di più vistoso.

La ragazza inglese approfittò del momento per parlarle di Jacinto.

– Perché non dai un’opportunità a Jacinto?

– Non me l’ha chiesto.

– Sai cosa sente per te.

– So cosa pensi.

La ragazza britannica si concentrò su un abito messo da parte in un angolo. Aveva la parte in basso più chiara, adornata con palline argentate.

– Dovresti prendertelo, ti starebbe bene – le disse Carolina avvicinandosi da dietro.

– Costa settecento simeoni, è troppo.

– D’accordo, se non te lo compri tu, te lo compro io.

– No, Carolina, sono molti soldi.

– Keysi, sono i miei soldi, e se voglio regalarti un abito, te lo regalo. Trascorri tutto il giorno nel laboratorio, non c’è niente di male se qualcuno ti regala qualche capriccio. A proposito, hai già trovato casa? Perché dover continuare a vivere con il tuo ex… Insomma, dev’essere complicato.

– Non lo è, andiamo d’accordo. E no, non ho trovato niente che mi piaccia, sono tutte case vecchie.

– Adesso sono di moda le case vecchie, io stessa vivo in una di quelle.

– Io non ho mai vissuto in una di quelle. A Birmingham vivevo in una casa stile cottage, abbastanza moderna. Anche in Germania avevo un Centro di Controllo, come qui.

– Non ti interesserebbe provare? Lo dico perché nel mio appartamento c’è una stanza libera.

– Non mi immagino con compagne di stanza.

– Credi che sopravviveresti senza che ti accendessero le luci o dovendo tirare l’acqua tu stessa?

– Sono progressi, ci facilitano la vita.

– Creano anche disoccupazione. Sotto casa mia c’è un ristorante all’antica, non ci entra nessuno. Alla fine finirà per chiudere.

– A me piacciono di più quelli all’antica che quelli moderni, ma ammetto che vado molto di più a quelli moderni perché sono più rapidi.

– Sì, questo è vero, ma il cibo fa schifo.

– Non in tutti.

– D’accordo, forse in tutta Maiorca ce ne saranno due o tre che servano buon cibo, ma neanche negli altri è così male. Ma il cibo dei robot da cucina personale è buonissimo.

– Questo è vero, immagino perché esistevano già da secoli e li hanno perfezionati, e dato che nei ristoranti moderni la gente non si lamenta e ci va sempre di più, non li perfezionano.

– Molta gente si lamenta, ma a bocca stretta.

– Guarda! – Keysi indicò emozionata un abito lungo e rosso scuro con le maniche lunghe —. Prenditelo, sono sicura che ti starà benissimo.

Carolina si avvicinò e passò il polso sul codice del capo. Automaticamente il suo avatar personale indossò il capo, convincendola del risultato.